Ettore Lanzino, la parabola del “padrino” cosentino dal racket ai maxi-processi
Dal piccolo criminale adolescente fino al vertice della ‘ndrangheta di Cosenza, la sua vicenda riassume trent’anni di violenze, affari e controllo politico-mafioso

La vita di Ettore Lanzino racconta l’evoluzione della ‘ndrangheta cosentina: da piccoli reati e minacce locali fino alla conduzione di omicidi e il controllo del tessuto politico-amministrativo. Il suo percorso segna decenni di affari illeciti, violenze e relazioni criminali. La sua morte chiude una fase storica, ma le inchieste e i processi che lo hanno coinvolto testimoniano il peso e la complessità di un potere mafioso radicato nella società calabrese.
Origini in strada e rapidissima ascesa
Ettore Lanzino cresce a Luzzi e a Cosenza, dove già a 12 anni si guadagna le prime denunce per furti. Giovane deciso e dalla forte personalità, entra nella criminalità organizzata attraverso legami consolidati con cosche reggine come quella dei Curcio. Sarà sotto la guida di Franco Pino che sale nell’organizzazione fino a diventare braccio destro nei primi anni ’80. Il suo soprannome, inizialmente “Due Novembre” per lo sguardo freddo e trattenuto, diventa presto “Ettaruzzu”, affermato uomo di affari e ordini criminali.
Dai soprusi alle estorsioni, la “guerra” per il controllo del territorio
Negli anni Novanta è al vertice della cosca, impegnata a imporre racket edilizio nella piazza di Cosenza. Imprenditori venivano contattati con modalità intimidatorie (“non mangiate da soli, perché vi affogate”) e costretti a pagare “il fiore” come tassa di rispetto. Il comando di “Garden” nel 1993 ne porta alla luce la pervasività nel territorio, culminando in condanne per associazione mafiosa, omicidi e estorsioni.
Omicidi e conflitti interni: la scia di sangue
A cavallo tra anni ’90 e 2000 la cosca Lanzino-Ruà si distingue per l’organizzazione di delitti eccellenti: omicidi come quelli di Marcello Galvano e Vittorio Marchio (1999). La Corte di Assise di Cosenza lo condanna all’ergastolo, confermato in appello, con riconoscimento del ruolo storico esercitato nella rete criminale.
La latitanza, il carcere duro, il maxiprocesso e la morte
Dopo un periodo da latitante (2009–2012), Lanzino viene arrestato a Rende. Condannato definitivamente nel 2016 nell’ambito dell’operazione “Terminator IV” e precedentemente nel “processo Garden”, dal 2012 Lanzino era in regime di 41‑bis. Nonostante gravi problemi cardiaci, continuava a gestire ordini criminali dall’interno del carcere. È deceduto per un infarto nel carcere di Parma il 26 marzo 2024, all’età di 69 anni.