La tragedia avvenne alla periferia di Rizziconi
La tragedia avvenne alla periferia di Rizziconi

Il 22 dicembre 1962, nella frazione di Drosi a Rizziconi (Rc), la “belva dell’Aspromonte” Domenico Maisano, armato e determinato, bussò alla porta di casa delle giovani sorelle Stillitano. Maria, 22 anni, e Natalina, 21, furono freddate a colpi di arma da fuoco, un’azione brutale e premeditata derivante da una faida tra clan. Quel giorno, la vendetta non risparmiò nemmeno una nipotina quindicenne, ferita di striscio alle gambe, che si trovava in casa. La ferocia dell’agguato scatenò il terrore in un piccolo borgo già segnato dalla criminalità.

Un piano feroce di vendetta

L’azione fu pensata come ritorsione per un ferimento precedente, quando un parente di Maisano, Martino Seva, era rimasto tetraplegico. Convinto che dietro l’agguato ci fossero il padre delle vittime, Domenico si scagliò contro chi gli era considerato vicino. Entrato in casa, esplose un colpo dalla porta contro Maria, poi si avventò su Natalina, che chiedeva solo aiuto, scaricandole contro l’intero caricatore. L’orrenda violenza si consumò in pochi tragici minuti.

Il terrore seminato e la fuga del killer

Dopo l’agguato, Maisano scomparve, rifugiandosi sulle alture dell’Aspromonte, dove divenne noto come il terrore della montagna. La sua furia omicida non si fermò a quell’unico eccidio: secondo gli inquirenti mirava a colpire ben 22 persone del clan rivale, arrivando a uccidere altri membri della famiglia Stillitano in anni successivi. A sua testa fu posta una taglia iniziale di tre milioni di lire, poi salita a cinque, che tuttavia non bastò a catturarlo per molti anni.

Violenza e conseguenze della faida

La strage di Drosi si inserì nel più ampio contesto di scontri tra cosche: fu una delle pagine più crudeli delle faide di mafia calabrese. Le vittime erano due giovani vite innocenti, perseguitate dalla spirale di odio tra clan, che trasformò un momento domestico in un massacro. Quel dicembre fu l’inizio di una lunga stagione di violenza che segnò la regione.

Un monito che resiste nel tempo

Oggi, a più di sessant’anni da quel truce episodio, la memoria di Maria e Natalina Stillitano rappresenta un monito sulla ferocia della criminalità organizzata e i costi umani delle faide. Ricordare significa non dimenticare e continuare a combattere l’omertà e l’ingiustizia. Il coraggio delle vittime, il dolore delle famiglie e la tragedia di Drosi rimangono testimonianze vive, necessarie per preservare la coscienza civile e la giustizia sociale.