Giuseppe Facchineri
Giuseppe Facchineri

Il clan Facchineri rappresenta un esempio emblematico di come una ‘ndrina calabrese storica è riuscita a superare i limiti della Calabria, proiettandosi verso Nord con affari, intimidazioni e strutture criminali consolidate. Le faide di Cittanova possono essere lette come la base di tale espansione, rafforzata da una rete di estorsioni e da un radicamento territoriale capillare, che la magistratura combatte senza tregua.

Origini e faide storiche a Cittanova

Il clan Facchineri nasce e si consolida tra gli anni Sessanta e Settanta nel comune di Cittanova, in provincia di Reggio Calabria. Qui prende parte a due faide sanguinose: la prima contro il gruppo Raso‑Albanese‑Gullace negli anni Sessanta, e una seconda, ancor più cruenta, tra il 1987 e il 1991. Questi conflitti causarono decine di morti in quella che è rimasta una delle pagine più cupe della ‘ndrangheta calabrese.

Latitanze e operazioni contro i vertici

Nel 2018 la cattura di Girolamo Facchineri, ricercato dal 2016 e responsabile di logistica per latitanti di spicco come Giuseppe Crea e Giuseppe Ferraro, ha segnato un colpo cruciale alla leadership del clan. Nascondeva bunker attrezzati nella zona aspromontana di Cittanova, dotati di pannelli solari e rifugi segreti.

Espansione al Nord e affari estorti

Dagli anni Duemila in poi i Facchineri hanno esteso le loro attività criminali al Nord Italia. Nel 2019, l’operazione “Altanum” smascherò una rete di estorsioni ai danni di imprenditori soprattutto in Valle d’Aosta, orchestrate in concorrenza con i clan Raso. Tredici affiliati dei due schieramenti furono arrestati nel Nord, confermando la presenza attiva del clan anche in Lombardia e Emilia‑Romagna.

Condanne e sequestri patrimoniali

Nel processo di primo grado “Altanum” (2022), attraverso la Dda di Reggio Calabria, furono inflitte pene complessive per 72 anni a esponenti di Facchineri e Raso. Giuseppe Facchineri “il Professore” ricevette una condanna a 12 anni di reclusione, insieme a sei mandati di associazione mafiosa. Parallelamente, la Dia e la magistratura confiscarono beni milionari a imprenditori affiliati al clan, trattati come strumenti del loro potere criminale.

Influenza persistente e radicamento territoriale

Nonostante arresti e condanne, la cosca continua ad operare, soprattutto nel settore delle estorsioni. Il processo “Altanum” e le attività investigative successive hanno evidenziato la capacità del gruppo di controllare summit economici e costruire legami politico-istituzionali, soprattutto nelle aree in cui si erano allargate le loro ramificazioni fra Nord e Sud Italia.