Pantaleone Mancuso, detto “l’Ingegnere”: dalla vetta del clan a una libertà controversa
Il boss vibonese della ‘ndrangheta, protagonista di traffici internazionali e infiltrazioni negli appalti pubblici, torna libero dopo una latitanza decennale

Pantaleone Mancuso, noto come «l’Ingegnere», appartiene al potente casato mafioso dei Mancuso, storica ‘ndrina di Limbadi e Nicotera. Fratello del boss Giuseppe detto “’Mbrogghja” e padre del pentito Emanuele, è considerato uno dei punti di riferimento della criminalità calabrese, con estese ramificazioni nel nord Italia e all’estero.
Narcotraffico e corruzione: l’impero del clan
Il clan guidato da Mancuso è stato fino a poco tempo fa uno degli attori protagonisti del traffico internazionale di cocaina, con canali privilegiati verso cartelli colombiani e spagnoli. Il gruppo è stato anche al centro di operazioni investigative come “Costa pulita” (2016), che ha fatto emergere la sua rete di estorsioni e la capacità di infiltrarsi negli appalti pubblici, arrivando a sequestri per decine di milioni di euro.
Dalla latitanza al carcere e alla libertà giudiziaria
Fuggito per evitare misure cautelari, è stato arrestato nel 2014 in Argentina con documenti falsi e 100.000 €. Dopo l’estradizione si è reso di nuovo irreperibile fino al 2019, quando è stato catturato in una sala bingo a Roma. Su di lui pendeva una condanna a sei anni per associazione mafiosa, nell’ambito del maxi-processo “Genesi”.
Libertà 2025, ma il dissenso cresce
L’11 gennaio 2025 il Tribunale di Sorveglianza di Napoli ha revocato la misura detentiva, dichiarando «cessata la pericolosità sociale» di Mancuso. L’uomo è tornato libero senza condizioni. Per le forze anti-mafia, però, questa decisione rappresenta una rottura grave rispetto a una vicenda caratterizzata da condanne e latitanze: per molti, l’ennesimo segnale della debolezza dello Stato sul fronte della giustizia interna.