Angelo Versaci
Angelo Versaci

Era il 3 settembre 1990 quando Angelo Versaci, 43 anni, vigile urbano del Comune di Calanna, rientrava a casa dopo una serata spensierata. Dopo aver trascorso il pomeriggio con la moglie e giocato al biliardo e a carte con amici, suonò il citofono di casa: era il momento tragico. Un killer lo attendeva lì, all’ingresso della sua abitazione, e sparò tre colpi di fucile, di cui due fatali alla testa, mentre uno lo colpì alla spalla. La morte fu immediata e brutale.

Il contesto: un uomo integrerrimo contro il malaffare

Angelo si era distinto non solo come vigile urbano ma anche come persona onesta e coraggiosa. Si era fermamente opposto a dinamiche ingannevoli e poco trasparenti nel contesto della sua amministrazione, segnalando irregolarità sinché poteva. Questa sua condotta, orientata al rispetto della legge e di responsabilità istituzionale, lo rese bersaglio di una vendetta silenziosa e sanguinosa.

Verità negate: un caso ancora irrisolto

Nonostante siano trascorsi decenni, l’omicidio di Angelo Versaci resta senza giustizia. Non sono stati identificati né i mandanti, né gli esecutori di questo delitto. Familiari, amici e la comunità locale attendono da anni risposte concrete, ma l’inchiesta sembra stazionaria, e il silenzio attorno al caso è ormai quasi totale.

Il dolore della famiglia e la memoria affievolita

Le figlie Isabella e Valentina, ancora piccole al momento del tragico evento, non hanno potuto conoscere il padre né custodire il ricordo della sua voce. A raccontare chi fosse davvero Angelo è oggi la madre, un fratello, gli zii: emerge l’immagine di un uomo devoto e leale, appassionato di calcio e di caccia, stimato da tutti per onestà, passione e senso civico. Eppure, la sua eredità è pesata su due bambine rimaste senza padre e sulla madre che ha lottato per mantenere vivo quel ricordo.

Una memoria collettiva fragile ma viva

Ogni anno, nelle celebrazioni dedicate alle vittime innocenti delle mafie, il nome di Angelo Versaci figura tra coloro che la giustizia non ha ancora riconosciuto. Chi ha partecipato alla sua commemorazione, insieme ai familiari, sottolinea come il suo sia un gesto di impegno civico e un esempio di resistenza: un uomo che, semplicemente, non ha accettato soprusi. Nonostante il tempo, il suo sacrificio continua a parlare di coraggio e di dignità.