Un telefono che squilla, una consegna rapida, spesso in sella ad uno scooter, un guadagno che in un giorno può superare lo stipendio mensile di un operaio. Questo è il volto moderno dello spaccio di cocaina, dove sempre più giovani, attratti dai soldi facili, entrano in una spirale criminale da cui è difficile uscire.

Negli ultimi anni, la Calabria è diventata non solo un punto di snodo del traffico internazionale di droga, grazie alla storica presenza della ‘ndrangheta,  ma anche un terreno fertile per il piccolo spaccio urbano, alimentato da una domanda crescente e da un disagio giovanile sempre più palpabile.

Un sistema "imprenditoriale" dell'illegalità

«Oggi un ragazzo di 20 anni può guadagnare 1.000 euro in un fine settimana vendendo cocaina», racconta un investigatore della Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro. «Molti non vedono alternative: la disoccupazione è altissima, la scuola è spesso lontana dalla realtà e il modello criminale viene percepito come l’unica via per uscire dalla marginalità».

La cocaina in Calabria arriva in grande quantità dai canali sudamericani, passando per il porto di Gioia Tauro, e viene poi frammentata in piccole dosi per la distribuzione locale. Gli spacciatori di strada, spesso minorenni o appena maggiorenni, sono l’ultimo anello della catena, ma anche il più esposto. Eppure, sono proprio loro a essere reclutati, sempre più giovani, sedotti da auto, vestiti firmati e quella "liquidità" che le famiglie spesso non possono garantire.

I numeri di un fenomeno in crescita

Secondo i dati più recenti del Ministero dell’Interno, nel 2024 in Calabria sono aumentati del 28% gli arresti per spaccio di sostanze stupefacenti rispetto all’anno precedente. La cocaina è la droga più sequestrata, e tra i fermati il 40% ha meno di 25 anni.

«Ci sono ragazzi che a 16 anni già gestiscono piccole piazze di spaccio», spiega una psicologa che lavora nei centri di recupero a Reggio Calabria. «Arrivano da contesti fragili, dove l’assenza di opportunità reali si trasforma in terreno fertile per le promesse del crimine».

La risposta dello Stato è lenta e ancora poco efficace

Nonostante le retate, i processi e i sequestri milionari, il ciclo dello spaccio sembra auto-rigenerarsi. Per ogni arresto, ci sono due giovani pronti a prendere il posto. E le politiche di prevenzione appaiono insufficienti, soprattutto nelle aree più povere e isolate.

«Abbiamo bisogno di presidi sociali, non solo forze dell’ordine», afferma un educatore del quartiere Arghillà, a Reggio Calabria. «Serve ricostruire un senso di comunità, dare ai ragazzi altri modelli, altre strade».

Un futuro a rischio

Dietro ogni bustina venduta, c’è una storia di normalizzazione della violenza, del denaro illecito e della paura. I giovani calabresi non sono "predestinati" alla criminalità, ma la mancanza di alternative li spinge sempre più verso una vita da cui è difficile redimersi. La cocaina – bianca come la neve, ma sporca di sangue – continua a scorrere tra le mani di chi cerca riscatto, ma trova solo condanna.

La sfida è culturale, educativa, politica. E il tempo per intervenire sta per scadere.