Paolo De Stefano
Paolo De Stefano

Originario del quartiere Archi di Reggio Calabria, Paolo De Stefano, secondo di quattro fratelli, crebbe all’interno del clan familiare che divenne protagonista della prima guerra di ‘ndrangheta (1974–1976). Dopo aver eliminato il boss Tripodo (alleato con la Camorra), assunse il controllo della cosca e divenne il leader incontrastato della criminalità organizzata in città. La “De Stefano ‘ndrina” estese così il proprio potere economico, politico e territoriale, uscendone come direttrice del nuovo assetto mafioso regionale.

Imprenditorialità criminale e rapporti di potere

Sotto la sua guida, il clan passò dalla consuetudine rurale a un modello imprenditoriale strutturato. Paolo De Stefano fu artefice di alleanze con il mondo politico, massonico e la direzione imprenditoriale post‑guerra in Calabria: un approccio che univa commistione con istituzioni pubbliche e capacità di infiltrazione negli appalti, in particolare nella ricostruzione del Sud. Il suo ruolo nella creazione della loggia segreta “La Santa” favorì rapporti privilegiati con la massoneria deviata, accelerando l’innovazione del crimine organizzato calabrese.

La seconda guerra di ‘ndrangheta e la fine del capo dei capi

Nel 1985 la situazione mutò drasticamente: dopo un tentativo di attentato ai danni del rivale Imerti, iniziò la seconda guerra di ‘ndrangheta. Due giorni dopo, Paolo De Stefano fu assassinato in un agguato a Reggio Calabria, con dodici colpi esplosi nel quartiere Archi, da killer legati alla fazione Condello‑Imerti. La sua morte segnò il culmine di un conflitto sanguinoso che durò sei anni e portò a oltre 600 vittime.

Un’eredità criminale oltre la morte

Dopo il suo omicidio, la guida del clan passò al fratello Orazio e al cugino Giorgio De Stefano, che proseguirono la strategia imprenditoriale e le alleanze strategiche. Il figlio Giuseppe fu arrestato nel 2008, mentre Paolo Rosario De Stefano, nominato successore del clan, fu latitante fino all’arresto avvenuto nel 2009 in Sicilia. La cosca mantiene ancora oggi significativa influenza territoriale e operativa nelle reti criminali calabresi e nazionali.

Un boss simbolo del cambiamento mafioso

Paolo De Stefano ha segnato una svolta nel modo di operare della ‘ndrangheta calabrese: da potere locale violento a organizzazione moderna con legami mafio-politici e capacità di penetrazione nelle istituzioni. Definito "capo dei capi del reggino", la sua ascesa affidò al clan figli e fratelli un modello criminale che sopravvive ancora oggi, dimostrando la resilienza e l’adattabilità della ‘ndrangheta nel passaggio tra epoche sociali e politiche.