L'ambulanza staziona davanti alle Elementari aspettando i ragazzi delle Medie
L'ambulanza staziona davanti alle Elementari aspettando i ragazzi delle Medie

Una mattinata di scuola come tante, alla media Zumbini di via Misasi, si è trasformata in una scena da film d’azione — ma senza alcun copione. Una studentessa di seconda media avrebbe spruzzato dello spray al peperoncino all’interno della sua classe, provocando l’intossicazione di almeno tre compagni di scuola.

Gli studenti, colpiti agli occhi e alla gola, sono stati soccorsi da tre ambulanze, in stato di choc e con sintomi tipici dell’esposizione all’agente orticante. Un’azione improvvisa, di cui al momento non si conoscono le reali motivazioni, ma che solleva interrogativi seri e non più rinviabili.

Gesto senza spiegazioni... o quasi?

La ragazza non avrebbe fornito alcuna giustificazione immediata, ma questo silenzio — che pesa più di mille parole — apre scenari inquietanti.
E se si trattasse di bullismo?
E se la studentessa avesse subito vessazioni o pressioni, e avesse reagito in modo estremo, impulsivo, ma disperato?

Si tratta solo di ipotesi, ma non andrebbero escluse con leggerezza. Anche perché, in età adolescenziale, la fragilità emotiva può manifestarsi in gesti imprevedibili.

Non si giustifica nulla, sia chiaro. Ma capire è l’unico modo per evitare che simili episodi si ripetano.

Ma com’è stato possibile?

In molti si chiedono: com’è riuscita a introdurre uno spray urticante in classe senza che nessuno se ne accorgesse?
Un oggetto così, pur liberamente acquistabile, è chiaramente potenzialmente pericoloso.
Il personale scolastico era al corrente? Gli insegnanti presenti in aula non hanno notato nulla prima dell’uso?

E soprattutto: come mai più di uno studente è stato colpito? Se l’intento fosse stato isolato — contro un singolo compagno — come mai a restare intossicati sono stati almeno tre ragazzi e non uno solo?
Tutto fa pensare a un gesto improvviso, caotico, ma comunque grave. Che avrebbe potuto degenerare ulteriormente.

Dietro il gesto, un disagio?

C’è un elemento che colpisce: la completa assenza di motivazioni dichiarate, ma anche la freddezza del gesto, compiuto senza apparente esitazione.
Potrebbe trattarsi di disagio personale, di un accumulo di pressioni scolastiche, o addirittura — come qualcuno sussurra — di un ambiente ostile vissuto dalla ragazza.

Il bullismo, anche se non confermato, resta una pista da non sottovalutare.
Forse la giovane si è sentita sola, spinta all’angolo, e ha creduto di “difendersi”.
Forse ha agito per farsi notare, o per fermare un tormento che nessuno aveva voluto vedere. Ma — qualunque sia la verità — siamo di fronte a un fallimento del sistema educativo e relazionale.

Una scuola che deve farsi domande

La dirigente scolastica avrebbe già avviato un’indagine interna, mentre si attendono ulteriori accertamenti da parte delle autorità minorili.
Ma intanto, i riflettori si accendono su una scuola che dovrebbe proteggere, prevenire, ascoltare.
Una scuola in cui una studentessa può portare un oggetto urticante, e usarlo indisturbata, non può considerarsi un ambiente pienamente sicuro.

Gesto grave

Il gesto resta gravissimo. Ma il silenzio intorno a ciò che l’ha provocato potrebbe essere ancora più pericoloso.
Perché non basta dire che è stato “un caso isolato”.
Bisogna chiedersi quale dolore, quale disagio, quale dinamica lo ha generato.
E bisogna farlo ora, prima che altri spray vengano stappati, o altre mani compiano gesti che una scuola attenta dovrebbe saper prevedere.