Si è concluso con tre condanne pesanti il processo “La Signora”, scaturito da un’indagine dei Carabinieri del Nas di Reggio Calabria su gravi episodi di maltrattamenti e abbandono di persone incapaci all’interno della casa di riposo abusiva “Casa del Sole”, situata in via Bruno Buozzi, nel pieno centro della città.

La Corte d’Assise di Reggio Calabria, accogliendo le richieste della Procura, ha ritenuto colpevoli le tre imputate. Giovanna Scarfò, ritenuta la principale responsabile della struttura, è stata condannata a 14 anni e 6 mesi di reclusione; Cecilia Prestipino, co-titolare, a 13 anni e 6 mesi; mentre Margherita Battaglia, dipendente della casa-famiglia, dovrà scontare 12 anni e mezzo di carcere.

L’inchiesta e le prove raccolte dai Nas

L’inchiesta era stata avviata nel 2021, dopo la denuncia di una donna il cui marito, affetto da una malattia neurodegenerativa, era morto in ospedale dopo un periodo di degenza nella struttura. Le successive verifiche dei militari del Nas avevano fatto emergere un quadro inquietante di abusi, incuria e violenze.

Attraverso intercettazioni telefoniche, pedinamenti, ispezioni igienico-sanitarie e l’acquisizione delle cartelle cliniche, gli investigatori avevano documentato episodi sistematici di maltrattamento, con pazienti anziani lasciati in condizioni di degrado e denutrizione.

Secondo l’accusa, le imputate avevano anche somministrato cibo scaduto o mal conservato e, in alcuni casi, sedativi e psicofarmaci per rendere gli ospiti “più gestibili”. Tutte le vittime, circa quindici, erano persone fragili e non autosufficienti, affette da gravi patologie.

La morte di un ospite e l’aggravante della crudeltà

Nel corso del processo è stata riconosciuta anche l’aggravante dell’aver causato la morte di uno degli ospiti, evento che ha determinato un inasprimento delle pene. Nelle motivazioni dell’ordinanza di arresto, la Procura aveva parlato di “straordinaria crudeltà” da parte delle imputate, che avrebbero agito con totale disprezzo per la dignità e la sofferenza delle vittime.

Con la sentenza della Corte d’Assise si chiude una vicenda che ha scosso profondamente la comunità reggina, riportando alla luce il tema della tutela degli anziani e dei soggetti fragili e la necessità di un controllo più rigoroso sulle strutture di assistenza private.