Operazione “Bononia Gate”, in manette pregiudicati calabresi legati ai clan Piromalli e Molé
Otto misure cautelari e sequestri per 1,5 milioni di euro: sgominata rete criminale che gestiva aziende in modo illecito per frodare banche e Stato. Coinvolti anche professionisti compiacenti

È stata ribattezzata operazione “Bononia Gate” l’inchiesta condotta dalla Polizia di Stato, con il supporto della Direzione Investigativa Antimafia, che ha portato all’esecuzione di otto misure cautelari nei confronti di soggetti perlopiù di origine calabrese, ritenuti vicini alle cosche Piromalli e Molé della piana di Gioia Tauro. Un’indagine che dimostra ancora una volta la capacità della criminalità organizzata calabrese di infiltrarsi nel tessuto economico imprenditoriale del Nord Italia, investendo capitali illeciti in apparenti attività legali per consolidare il proprio potere.
Secondo quanto emerso, il gruppo criminale aveva puntato ai territori emiliano e laziale, con particolare interesse per Bologna e Roma, dove erano riusciti a costruire una fitta rete di società utilizzate per movimentare denaro sporco, accedere a finanziamenti pubblici e mettere in atto frodi fiscali e bancarie.
Nove società create e gestite tramite prestanome
Grazie anche al contributo di diversi collaboratori di giustizia, la Procura di Bologna – con il sostituto procuratore Marco Forte – ha ricostruito la struttura e il modus operandi della rete criminale. Dal 2010 l’organizzazione avrebbe costituito almeno nove società con sedi legali o operative tra Emilia-Romagna e Lazio, intestate a prestanome per occultare la reale regia dei clan.
Le imprese venivano fatte apparire solide e produttive, attraverso una serie di artifici contabili: falsificazione di bilanci, emissione di fatture per operazioni inesistenti, continua movimentazione di contanti e passaggi societari simulati. Dietro la facciata legale, però, le aziende erano utilizzate per ottenere fraudolentemente prestiti bancari e finanziamenti garantiti dallo Stato.
Al centro dell’attività criminale figura anche il Mediocredito Centrale, istituto controllato da Invitalia e partecipato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, che avrebbe erogato indebitamente circa 1,5 milioni di euro, generando un danno erariale di pari entità.
Commercialisti compiacenti e fallimenti pilotati
Una volta ottenuti i finanziamenti, le società venivano prosciugate: i conti bancari svuotati, le risorse distratte e reinvestite in attività della cosca, mentre le imprese venivano condotte rapidamente al fallimento per evitare controlli approfonditi. Nelle operazioni criminali risultano coinvolti anche due commercialisti, uno attivo a Bologna e l’altro a Roma, che facevano da veri e propri consiglieri d’affari del gruppo mafioso.
Secondo gli inquirenti, i professionisti fornivano assistenza tecnica e pareri legali per eludere la normativa fiscale, predisporre documentazione fittizia e pianificare i fallimenti fraudolenti delle società. Per il commercialista bolognese è scattato l’obbligo di dimora e l’interdizione per un anno dall’esercizio dell’attività contabile.
Legami con la Calabria: confermata la vocazione nazionale delle cosche
L’inchiesta conferma ancora una volta la straordinaria capacità delle cosche calabresi di ramificarsi fuori regione e infiltrarsi nell’economia legale, sfruttando professionisti compiacenti e strumenti finanziari pubblici per riciclare capitali di provenienza illecita. La presenza di esponenti legati ai Piromalli e ai Molé, due delle famiglie storiche della 'ndrangheta della Piana di Gioia Tauro, dimostra come la Calabria resti il centro di comando e il cuore operativo di strutture criminali capaci di muoversi su scala nazionale.
L’operazione “Bononia Gate” rappresenta, secondo gli investigatori, un ulteriore colpo alla rete economico-finanziaria della 'ndrangheta, ormai da anni orientata non solo al traffico di droga ma anche alla penetrazione sistematica nel sistema produttivo italiano.