Strage di Locri, vittima innocente: l’omicidio di Carmelo Siciliano
Il 23 giugno 1967, nel centro del mercato locale, cade vittima innocente della ‘ndrangheta un commerciante di 39 anni

Era il 23 giugno 1967, quando la tranquillità della piazza del mercato di Locri fu tragicamente spezzata da una furiosa sparatoria in stile “gangsterismo all’americana”. Carmelo Siciliano, un uomo di 39 anni, nato ad Antonimina, era lì per lavoro, intento a caricare cassette di frutta e verdura da consegnare agli albergatori della zona. Senza preavviso, un’automobile bianca si fermò a pochi metri dal suo banco: squadracce mascherate scesero armate di mitra, pistole e lupara, sparando all’impazzata tra la folla. Quattro proiettili raggiunsero Carmelo al petto e alla testa, uccidendolo all’istante insieme ad altre due persone, mentre altri due rimasero gravemente feriti.
Un delitto casuale, ma gravissimo
Le successive ricostruzioni hanno confermato che Carmelo Siciliano non era il bersaglio degli assassini. Si trovava semplicemente nel posto sbagliato al momento sbagliato: la sua presenza sul mercato fu fatale, vittima di una strage feroce commissionata nell’ambito della faida tra i clan Cordì e Cataldo. I criminali, dopo avere esploso almeno quarantina di colpi, fuggirono a bordo della vettura, che successivamente venne incendiata da ignoti per depistare le indagini.
Scenario di una faida e clima di terrore
Il delitto di Locri avvenne in un contesto segnato da una violenta faida tra clan storici locali, destinata a prolungarsi nel tempo e a segnare profondamente la memoria collettiva. I mandanti, tra cui figura la figura lodata della ‘ndrangheta cosentina delle Serre, usarono quel massacro per inviare un segnale di potere e controllo del territorio . Carmelo, pur non appartenendo a nessun clan, fu travolto dalle dinamiche che ormai permeavano la Locride.
Il ricordo di una vittima innocente
Oltre a Carmelo, quella sparatoria mieté altre due vittime innocenti: Domenico Cordì, manovale agricolo, e Vincenzo Saracino, anch’egli commerciante al mercato. Era chiaro a tutti che lo scopo non fosse colpire civili, ma fu proprio questo a rendere la vicenda ancora più grave. Il brigadiere Naccarato intervenne nel tentativo di inseguire gli assassini, riuscendo a danneggiare l’auto – una Fiat Giulia – ma senza impedire la fuga.