Reggio Calabria, maxi-operazione antidroga a Catona: 18 misure cautelari
Smantellata un’associazione dedita al narcotraffico con ramificazioni nella Piana di Gioia Tauro e contatti in Sicilia

Questa mattina i Carabinieri della Compagnia di Reggio Calabria, supportati dalle Stazioni territoriali e da altri reparti dell’Arma, hanno dato esecuzione all’ordinanza n. 14/2025 emessa dal Gip del Tribunale reggino su richiesta della Procura. Sono state disposte 15 custodie cautelari in carcere e 3 arresti domiciliari a carico di indagati accusati di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, reati in materia di armi e un’ipotesi di estorsione.
Le indagini e i primi riscontri
L’attività investigativa, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia, è iniziata nel giugno 2023 e si è conclusa nel maggio 2024. A far scattare i controlli erano stati i movimenti sospetti nel quartiere Catona di Reggio Calabria, nei pressi dell’abitazione di quello che l’ordinanza indica come capo del sodalizio, nipote di un esponente apicale della ’ndrangheta di Archi. Grazie a un sistema di videosorveglianza, intercettazioni telefoniche e ambientali, oltre a servizi di pedinamento, è stato individuato un gruppo dedito a una fiorente attività di spaccio.
Un’organizzazione strutturata
Secondo il quadro indiziario, l’associazione gestiva un vero e proprio business imprenditoriale della droga, basato sulla vendita di cocaina, marijuana e hashish, con il coinvolgimento anche di un minore. La sostanza veniva custodita in immobili abbandonati e appartamenti in affitto, trasformati in basi logistiche per lo spaccio. Non mancavano i sistemi di vedetta per controllare il territorio e segnalare l’arrivo delle forze dell’ordine.
Piantagione e laboratorio sequestrati
I Carabinieri hanno scoperto una piantagione di cannabis indica composta da circa 400 piante già defogliate e 25 ancora in crescita, oltre a un deposito adibito a laboratorio per la lavorazione e il confezionamento dello stupefacente. Le indagini hanno portato inoltre al sequestro di diverse quantità di cocaina, marijuana e hashish, confermando l’ampiezza e la solidità della rete criminale.
La gestione del capo anche dal carcere
Nonostante i primi arresti, il sodalizio continuava a operare grazie alle direttive impartite dal capo detenuto, che comunicava con i sodali attraverso i familiari durante i colloqui in carcere. I proventi delle vendite erano ripartiti tra i membri secondo le disposizioni impartite dal vertice, che provvedeva anche al sostentamento di un affiliato arrestato in precedenza.