Il pomodoro calabrese, un tesoro della terra
Dalle colline del Pollino alle serre costiere, i piccoli agricoltori calabresi custodiscono e valorizzano varietà uniche, simbolo di gusto, tradizione e futuro sostenibile

Nel cuore della Calabria, lontano dai grandi numeri dell’agricoltura intensiva, piccoli agricoltori portano avanti con dedizione la coltivazione di una delle eccellenze più amate della cucina mediterranea: il pomodoro. Tra serre in collina, orti familiari e appezzamenti costieri, si tramandano antiche varietà autoctone e si sperimentano nuove tecniche di coltivazione, sempre nel rispetto della stagionalità e della sostenibilità. La Calabria, grazie alla sua posizione geografica, al clima caldo e ventilato e alla ricchezza del suolo, è un luogo ideale per far crescere pomodori di qualità superiore. Le piante beneficiano di un’esposizione solare lunga e intensa, che concentra zuccheri e sapori nei frutti, donando loro un profumo e una dolcezza inconfondibili.
L’agricoltura familiare e di prossimità gioca un ruolo centrale in questo scenario. In ogni provincia, dai terreni collinari del cosentino fino alle zone pianeggianti del reggino, si incontrano coltivatori che preservano con passione varietà tradizionali ormai introvabili nei grandi mercati, come il “pizzutello di Belmonte”, il “costoluto di Roggiano” o il “pomodoro seccagno” di Acri, coltivato senza irrigazione. Queste varietà non solo raccontano la storia agricola del territorio, ma si impongono anche per caratteristiche organolettiche uniche, diventando protagoniste nei piatti delle trattorie locali e nelle cucine degli chef più attenti alle produzioni locali.
Le varietà che raccontano la Calabria
Ogni pomodoro calabrese ha una storia da raccontare. Il Belmonte, ad esempio, è uno dei più rinomati: coltivato in piccole quantità lungo la costa tirrenica, si distingue per le dimensioni generose, la buccia sottile e la polpa carnosa. Perfetto da gustare crudo, in insalata, con un filo d’olio extravergine, riesce a valorizzare anche il piatto più semplice. Altrettanto affascinante è il costoluto, con le sue nervature evidenti e un sapore intenso e acidulo, che lo rende ideale per la preparazione di salse rustiche e conserve tradizionali.
Nel versante ionico, invece, si trova il ciliegino di Calabria, dolcissimo e dal colore acceso, spesso coltivato in piccoli orti affacciati sul mare. Molto richiesto anche il San Marzano calabrese, più piccolo rispetto all’omonimo campano, ma ricchissimo di polpa e sapore. A Stilo e a Bova, nella Calabria grecanica, si producono varietà antiche spesso utilizzate per l’essiccazione al sole, seguendo metodi che si tramandano da generazioni. Non mancano poi le sperimentazioni: molti giovani agricoltori, rientrati da esperienze all’estero, stanno rilanciando la coltivazione biologica e biodinamica, introducendo varietà ibride o resistenti ai cambiamenti climatici, sempre nel solco della tradizione.
Un’occasione per il futuro e per il palato
Il ritorno d’interesse verso le varietà locali di pomodoro calabrese non è solo una moda gastronomica, ma rappresenta una concreta opportunità di sviluppo per l’economia rurale. I piccoli produttori, spesso riuniti in cooperative o mercati contadini, stanno puntando su qualità, tracciabilità e vendita diretta, intercettando una domanda crescente da parte di consumatori più consapevoli e attenti. Eventi, fiere e manifestazioni come “Pomodoro in Festa” a Belmonte Calabro o “Rosso Calabria” a Rossano contribuiscono a dare visibilità a queste produzioni e a promuovere l’identità agricola del territorio.
In un contesto in cui l’agricoltura industriale domina le grandi superfici, la riscoperta del pomodoro calabrese, buono, sostenibile e locale è un atto di resistenza culturale e un investimento sul futuro. E anche un regalo per il palato. Perché, come dicono i contadini del Pollino, “un vero pomodoro non ha bisogno né di sale né di condimento: parla da solo”.