“È ancora in stato confusionale” è quanto ha affermato l’avvocato di Francesco Passalacqua, meglio noto come "il serial killer della Riviera dei cedri", il 55enne originario di Scalea, dopo 26 anni in carcere è stato travolto nuovamente dall’impeto omicida. A seguito di quattro assassini compiuti negli anni 90, Passalacqua ha tentato di uccidere un agricoltore di Tolè, nel bolognese, il 4 gennaio scorso. Come richiesto dalla procura, è stato convalidato il fermo e la custodia cautelare in carcere con l’accusa di tentato omicidio, porto abusivo di armi e violazione di domicilio.

Il pluriomicida si è presentato davanti al gip avvalendosi della facoltà di non rispondere, è rimasto in silenzio poiché “completamente annebbiato” ha spiegato il legale. Non si conosce il movente per cui Passalacqua abbia tentato di accoltellare il contadino, un uomo che non conosceva e che – al momento del tentato omicidio – era intento a lavorare nel suo terreno.

Un assassinio che costituirebbe un “fatto anomalo” secondo il legale “con dei profili di irrazionalità nel movente”. Secondo le prime perizie psichiatriche – però - veniva evidenziato come Passalacqua presentasse disturbi quali sadismo e personalità antisociale, che porterebbero lo stesso a non soffrire di particolare sensi di colpa.

La scelta della vittima – inoltre - non sembrerebbe essere casuale e presenterebbe la stessa “firma”, secondo quanto affermato dal professore Paolo De Pasquali, in un’intervista alla Gazzetta del Sud, l’omicida avrebbe mantenuto quella serialità scegliendo solo uomini, tutti anziani, possibili sostituti paterni sui quali scaricare il proprio odio di natura edipica. Non una follia omicida, quindi, ma un bisogno “necromanico” di entrare in contatto diretto con la morte.