Chi è Rosa Vespa: la donna dietro il rapimento della neonata a Cosenza, il padre aveva un edicola, morto recentemente
Una donna stimata, segnata dal dolore e dal desiderio di maternità: la storia dietro il rapimento della neonata a Cosenza

Rosa Vespa, 51 anni, residente a Castrolibero, è la donna protagonista di un drammatico episodio che ha sconvolto la comunità calabrese: il rapimento della piccola Sofia, una neonata di appena un giorno, dalla clinica Sacro Cuore di Cosenza. Il gesto, compiuto insieme al marito Moses, è stato pianificato con cura, spinto da un desiderio profondo e irrealizzato: quello di diventare madre.
Chi è Rosa Vespa
Una donna stimata e legata alla famiglia
Rosa Vespa, secondo le testimonianze di chi la conosce, è sempre stata considerata una persona perbene, profondamente legata alla sua famiglia e, in particolare, al padre Anselmo, noto edicolante di Cosenza, scomparso di recente. Questo lutto potrebbe aver segnato ulteriormente la donna, accentuando il suo desiderio di maternità. Un dettaglio significativo è che il nome "Ansel", che aveva pensato per il bambino che desiderava, sembrerebbe essere un omaggio proprio al padre, segno di un legame affettivo indissolubile.

Una gravidanza simulata
Per dare credibilità alla propria illusione di maternità, Rosa aveva raccontato ai vicini di casa di essere incinta, condividendo con loro la notizia con entusiasmo. Questa narrazione, mantenuta per mesi, aveva convinto chi la circondava che la sua gravidanza fosse reale. Tale costruzione di una falsa realtà ha portato Rosa e Moses a pianificare nei dettagli il rapimento, frequentando la clinica nei giorni precedenti con l’apparente intento di visitare le partorienti, mentre osservavano e studiavano la situazione.
Il rapimento e il desiderio di maternità
Il loro piano si è concretizzato con la scelta della piccola Sofia, figlia di una giovane coppia, sottratta poche ore dopo la nascita. Gli inquirenti hanno evidenziato come il gesto fosse frutto di una disperazione emotiva e di un desiderio incontenibile di diventare genitori. Tuttavia, l’intervento tempestivo delle forze dell’ordine ha permesso di ritrovare la neonata e restituirla sana e salva ai genitori, mentre Rosa e Moses sono stati arrestati.
Una tragedia personale e familiare
Il caso di Rosa Vespa non è solo un fatto di cronaca, ma una tragedia umana che riflette il peso dell’infertilità e il dolore emotivo che può portare a gesti estremi. Il suo passato di donna stimata, legata ai valori familiari, sembra in netto contrasto con l’azione commessa, che trova spiegazione solo nella profonda sofferenza vissuta interiormente.
Questo drammatico episodio solleva interrogativi non solo sull’impatto della sofferenza emotiva, ma anche sulla necessità di offrire supporto psicologico a chi affronta difficoltà simili, per prevenire che il dolore si trasformi in atti così estremi.