Taurianova
Taurianova

La strage del “venerdì nero” di Taurianova è un simbolo del potere brutale della ‘ndrangheta, ma anche della reazione dello Stato italiano attraverso strumenti legislativi e giudiziari. Uomini comuni persero la vita in nome di una logica mafiosa che superò i confini del paese, lasciando una scia di dolore e una mobilitazione che segnò un punto di svolta nel contrasto ai clan calabresi.

Il giorno della vendetta sanguinosa

Il 3 maggio 1991, Taurianova fu teatro di una delle stragi più efferate della storia della ‘ndrangheta calabrese. Quel giorno, noto come “venerdì nero”, alcune famiglie mafiose organizzarono una mattanza vendicativa che costò la vita a quattro persone legate al clan rivale: gli Asciutto–Neri–Grimaldi. L’azione rientrava nella faida con la cosca Zagari–Viola, e venne condotta in pieno centro cittadino: una delle vittime fu decapitata e il corpo utilizzato come bersaglio da tiro, suscitando shock e terrore tra i presenti.

L’origine e l’escalation della faida

La vendetta fu scatenata dalla morte del boss Rocco Zagari, ucciso il 2 maggio mentre si faceva radere la barba in una barberia del paese. Il giorno successivo, la cosca Zagari orchestrò una serie di omicidi mirati contro persone senza precedenti penali, ma collegate per parentela agli ambienti rivali. L’obiettivo era chiaro: eliminare simboli del potere nemico e riaffermare il dominio sul territorio.

Effetti anche sul piano istituzionale

La brutalità dell’eccidio e le immagini forti della città insanguinata portarono a una reazione istituzionale senza precedenti. Il governo italiano emanò un decreto-legge che portò allo scioglimento del consiglio comunale di Taurianova. Fu il primo Comune sciolto per mafia in Italia, una decisione che segnò l’applicazione di nuovi strumenti legislativi contro le infiltrazioni criminali negli enti locali.

Processi e condanne della coscrizione mafiosa

Successivamente, il procedimento giudiziario legato alla strage e alla faida di Taurianova portò ad una sentenza definitiva conclusa negli anni Novanta. Furono condannati numerosi esponenti delle famiglie implicate: Zagari, Viola e Fazzalari in primo piano. Il processo, noto come “Venerdì Nero”, si chiuse con oltre 200 anni di carcere complessivi per gli imputati.  

Una ferita che non si è cicatrizzata

L'eredità del “venerdì nero” è rimasta viva non solo nella memoria collettiva di Taurianova, ma anche nel contesto della lotta alla criminalità organizzata. Ancora oggi, quelle vicende vengono raccontate in documentari e opere culturali per mantenere vigile la consapevolezza di cosa sia stato il potere mafioso in Calabria. La città ha affrontato scioglimenti amministrativi in più occasioni, ribadendo la persistenza di reti criminali capaci di influenzare la vita politica e sociale del territorio.