Bruno Ielo
Bruno Ielo

Bruno Ielo, 66 anni, ex carabiniere e direttore amministrativo scolastico, aveva deciso di aprire una tabaccheria nel quartiere di Gallico, periferia nord di Reggio Calabria. Pur non essendo più all’interno dell’Arma, portava con sé rigore, integrità e un forte senso civico, caratteristiche che hanno influenzato la sua scelta di restare indipendente, senza cedere alle imposizioni criminali locali.

L’esecuzione e il suo significato mafioso

La sera del 25 maggio 2017, Bruno Ielo stava rientrando a casa in scooter subito dopo aver chiuso la sua tabaccheria. La figlia lo seguiva in auto quando udì gli spari: un killer lo colpì alla nuca, freddandolo con un proiettile, in una modalità così plateale da escludere la rapina e confermare l’intento mafioso del gesto. L’arma fu abbandonata accanto al corpo come monito simbolico a chiunque osasse resistere.

Minacce, rapina e escalation criminale

Qualche mese prima, nel novembre del 2016, Ielo era già stato vittima di una rapina all’interno della sua tabaccheria durante la quale fu seriamente ferito. Le indagini hanno fatto emergere che quella rapina non fu casuale ma un atto intimidatorio orchestrato per costringerlo a chiudere l’attività. Il rifiuto di cedere ha condotto all’omicidio, parte di un disegno criminale teso a sancire la supremazia del clan rivale.

Inchiesta, processo e sentenze

L’inchiesta “Giù la testa”, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia, ha portato all’individuazione del mandante, del killer e dei complici operativi. Le prove raccolte — dalle immagini di videosorveglianza alle intercettazioni fino alle sovrapposizioni investigative — hanno permesso di individuare la dinamica dell’esecuzione e le responsabilità organizzative.

Conseguenze giudiziarie

Nel dicembre 2022 la Corte d’Assise ha emesso dure condanne: ergastolo per Franco Polimeni, indicato come mandante legato alla cosca Tegano, e per Francesco Mario Dattilo, ritenuto l’esecutore materiale. A Cosimo Scaramozzino è stata inflitta una pena di 30 anni come uomo di fiducia del presunto boss. Un’altra condanna a 15 anni è arrivata per Giuseppe Antonio Giaramita, coinvolto nel tentato omicidio e nell’intimidazione precedente. Il quadro giudiziario ha confermato che Ielo è stato ucciso perché ha sfidato apertamente il sistema mafioso.

Il processo d’appello e nuovi elementi

Nel corso del 2025, il processo d’appello è stato riaperto per affrontare questioni tecniche e perizie difensive non ammesse nel primo grado. In particolare, è stata depositata una “super perizia” che mette in discussione la posizione di uno degli imputati al momento omicidio, basandosi sull’analisi dei tabulati telefonici e delle celle di aggancio, suggerendo possibili discrepanze rispetto alle ricostruzioni precedenti.