Rende, gli ex amministratori scrivono a Mattarella e Piantedosi dopo l’assoluzione
“Lo scioglimento del Comune ha sospeso la democrazia: lo Stato riconosca i propri errori e restituisca dignità alla comunità”

Gli ex amministratori comunali di Rende, recentemente assolti in un procedimento penale legato allo scioglimento del Comune per presunte infiltrazioni mafiose, hanno deciso di rivolgersi direttamente al presidente della Repubblica Sergio Mattarella e al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. In una lettera, resa pubblica con una nota, spiegano di voler richiamare l’attenzione “sulle conseguenze dello scioglimento disposto il 27 giugno 2023” e sollecitare una presa di responsabilità da parte delle istituzioni. L’assoluzione piena, arrivata con la formula “perché il fatto non sussiste”, ha ribaltato le accuse e, secondo gli ex amministratori, certificato l’infondatezza del provvedimento.
“Un danno per la comunità e per la democrazia”
Nel testo, gli ex amministratori parlano di un’operazione condotta come se si trattasse di “stanare una banda di pericolosi malfattori”, che invece ha travolto la città, i suoi rappresentanti e la stessa vita democratica. “Con il decreto che ha disposto lo scioglimento – scrivono – la sovranità popolare della nostra comunità è stata sospesa, interrompendo la legittima rappresentanza democratica di una collettività che ha operato con impegno, trasparenza e dedizione”. Una scelta, denunciano, che ha minato la credibilità delle istituzioni e inferto un danno enorme alla comunità di Rende, privata della guida scelta dagli elettori.
L’appello allo Stato
La lettera assume i toni di un appello forte: “La prevenzione non può sostituire la giustizia, né la rapidità amministrativa può calpestare i diritti politici delle comunità”. Secondo gli ex amministratori, l’uso improprio di strumenti straordinari rischia di trasformarsi in una “scure giudiziaria” capace di indebolire la democrazia stessa. Da qui la richiesta allo Stato di saper distinguere, difendere i territori dalle infiltrazioni mafiose ma al tempo stesso riconoscere e correggere i propri errori. “La credibilità della Repubblica, il rispetto della Costituzione e la fiducia dei cittadini nelle istituzioni – concludono – dipendono dalla capacità dello Stato non solo di agire con fermezza, ma anche di tutelare, senza eccezioni, ogni forma di rappresentanza democratica”.