Attentato a Sigfrido Ranucci, sempre più forte la pista della ‘ndrangheta
Dieci ore prima dell’esplosione trasferito un collaboratore di giustizia legato a un’inchiesta di Report sull’eolico

Le indagini sull’attentato avvenuto davanti all’abitazione di Sigfrido Ranucci, conduttore di Report, si arricchiscono di un nuovo inquietante elemento. Secondo quanto riportato da Il Messaggero e Il Fatto Quotidiano, dieci ore prima dell’esplosione che ha distrutto le auto del giornalista e di sua figlia a Capo Ascolano, un collaboratore di giustizia è stato trasferito in una località protetta e tenuta segreta. Una coincidenza che agli investigatori appare tutt’altro che casuale e che apre la pista di un possibile collegamento con l’inchiesta della trasmissione Rai sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta nel settore dell’eolico nel Nordest.
Il legame con l’inchiesta di Report
Il collaboratore di giustizia trasferito non sarebbe una figura marginale. Da quanto emerge, la terza puntata della nuova stagione di Report sarebbe stata costruita proprio sul verbale delle sue dichiarazioni, nelle quali vengono ricostruiti affari, alleanze e investimenti delle cosche calabresi nel settore delle energie rinnovabili. Il collaboratore sarebbe un imprenditore legato a una famiglia ‘ndranghetista già citata nel 2022 da un altro pentito, Luigi Bonaventura, ex boss crotonese che aveva riferito ai magistrati romani di aver sentito uomini della stessa cosca affermare: “Ranucci è un uomo finito”.
Indagini per metodo mafioso
La procura di Roma, guidata dal procuratore Francesco Lo Voi, ha aperto un fascicolo per danneggiamento aggravato dal metodo mafioso. Le indagini sono affidate al pm Carlo Villani della Direzione distrettuale antimafia. A lavorare sul campo sono i carabinieri del comando provinciale di Roma e quelli di Frascati, che stanno cercando di ricostruire la dinamica dell’attentato e l’identità degli esecutori materiali. Tra gli elementi al vaglio c’è anche una Fiat 500X risultata rubata a Ostia e ritrovata abbandonata a pochi metri dal luogo dell’esplosione.
Un uomo con passamontagna avvistato poco prima
Le indagini stanno procedendo senza sosta e si concentrano anche sulle riprese delle telecamere di sorveglianza della zona. Un testimone ha raccontato ai carabinieri di aver visto un uomo con il volto coperto da un passamontagna allontanarsi a piedi poco prima dell’esplosione. Per questo motivo i militari stanno acquisendo immagini da un’area più vasta per verificare eventuali movimenti sospetti e ricostruire l’esatta sequenza dei fatti.
Ombre criminali e libertà di stampa
L’attentato a Ranucci ha riacceso il dibattito sulla tutela dei giornalisti impegnati in inchieste di interesse pubblico e sulla capacità delle organizzazioni criminali di colpire anche lontano dai territori tradizionali. La pista mafiosa è al momento una delle ipotesi principali, ma gli inquirenti mantengono il massimo riserbo. La ‘ndrangheta, con la sua struttura ramificata e relazioni trasversali, potrebbe aver delegato gruppi criminali del Lazio per l’azione intimidatoria, confermando la pericolosa espansione delle cosche anche fuori dalla Calabria.
Le indagini proseguono, ma il messaggio lanciato da chi ha orchestrato l’attentato è evidente: colpire chi indaga sui rapporti tra mafia, affari e potere. La risposta dello Stato sarà decisiva non solo per la sicurezza di Sigfrido Ranucci e della sua famiglia, ma per la difesa della libertà di stampa in Italia.