Omicidio di Domenico Archinà: imprenditore ucciso per errore, la Locride ancora in cerca di verità
L’imprenditore oleario e editore di Siderno cade in un agguato il 24 maggio 1991
Il 24 maggio 1991, a Siderno, nella provincia di Reggio Calabria, l’imprenditore oleario e proprietario di un’emittente televisiva, Domenico Archinà, 45 anni, è stato freddato da un commando armato mentre si avvicinava alla sua auto nei pressi dell’azienda. L’attentato, avvenuto pochi minuti prima di mezzogiorno, ha lasciato dietro di sé sgomento e interrogativi: Archinà non aveva precedenti penali né era risultata fino ad allora una sua diretta appartenenza a cosche mafiose.
Pista dell’errore fatale: scambio di persona
Anni dopo, nuove dichiarazioni di collaboratori di giustizia riservano uno sviluppo inaspettato: l’uccisione di Archinà potrebbe essere stato il frutto di un errore, uno scambio di persona. L’obiettivo reale sarebbe stato Cosimo Commisso, noto boss della ‘ndrangheta di Siderno, ma secondo un pentito sarebbe stata la somiglianza fisica tra Commisso e Archinà a determinare il tragico epilogo. Questa interpretazione fa emergere un aspetto inquietante dell’agguato: la casualità dell’obiettivo e la brutalità della violenza mafiosa che può colpire anche chi non era nella mira diretta.
Contesto criminale e investigativo
L’omicidio di Archinà si inserisce nella turbolenta fase della faida di Siderno, conflitto interno alla ‘ndrangheta che ha insanguinato la Locride tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90. Le indagini condotte all’epoca hanno attenzionato la vicenda come “eccellente” per la modalità e la gravità dell’attentato. Nonostante le successive collaborazioni di giustizia e nuovi elementi acquisiti, numerosi interrogativi restano aperti: le responsabilità precise, il mandante, il contesto completo dell’azione e i coinvolgimenti diretti.
Il significato della memoria nella lotta alla mafia
La vicenda di Domenico Archinà assume un valore simbolico rilevante per la Calabria: un imprenditore vittima innocente della violenza mafiosa, ucciso in un agguato che oggi appare come un errore letale. Il suo nome si aggiunge a quello delle tante vittime della ‘ndrangheta e impone una riflessione sulla necessità di verità e giustizia. Mantenere viva la memoria significa non solo ricordare il passato, ma consolidare la consapevolezza civica della comunità e l’impegno per un territorio libero dalle mafie.
Un caso che ancora attende evoluzione
A più di trent’anni dal delitto, l’omicidio di Archinà resta aperto a possibili nuove svolte. Le dichiarazioni raccolte e gli elementi emersi dalle collaborazioni di giustizia potrebbero offrire nuovi spunti investigativi. Per la Locride, l’auspicio è che la vicenda possa rappresentare non più solo un capitolo di violenza, ma anche un punto di svolta nella lotta alle organizzazioni criminali e nella tutela delle vittime e dei loro familiari.