Accoglienza e integrazione in Calabria: tra emergenze e buone pratiche
Dai centri sovraffollati alle esperienze virtuose nei borghi: il volto complesso della vita dei migranti nei territori calabresi

In Calabria, la prefettura di Vibo Valentia figura tra le più sovraffollate d’Italia per accoglienza nei Cas - Centri di Accoglienza Straordinaria - con strutture che arrivano a ospitare fino a 150 persone contemporaneamente. Questo sovraccarico ha determinato disagi logistici, con migranti costretti alla mobilità a piedi e in situazioni di pericolo sulla Statale 18, a metà fra rischio per loro stessi e per la viabilità locale. Non mancano irregolarità nella gestione dei centri, segnalate anche da indagini ufficiali.
Progetti innovativi che funzionano
Non tutto è emergenza. Sul territorio calabrese, spiccano esperienze virtuose come il progetto SAI di Vena di Maida, ideato per favorire un’integrazione strutturale grazie a corsi di lingua, attività sociali e supporto educativo. L’approccio integrato orchestrato da operatori locali ha trasformato il centro in un modello di riferimento regionale. Allo stesso tempo, molti borghi hanno accolto richiedenti asilo, incoraggiando attività agricole e artigianali guidate da cooperative, contrastando lo spopolamento e stimolando l’economia locale.
Sfruttamento lavorativo e sistema Su.Pr.Eme.2
Altra emergenza è lo sfruttamento in agricoltura o nell’edilizia. La Regione Calabria, insieme al Consorzio Nova e al terzo settore, ha attivato il progetto Su.Pr.Eme.2 per contrastare il fenomeno con poli sociali integrati in aree come Corigliano Scalo e Taurianova. I servizi, tra cui assistenza legale e lavorativa, mirano a tutelare vittime straniere in condizione di vulnerabilità, rafforzando la loro autonomia e le possibilità di uscita dallo sfruttamento.
Verso un’accoglienza sostenibile e inclusiva
Il quadro calabrese è complesso: convivono criticità strutturali, emergenze logistiche e gestionali, con esperienze virtuose di integrazione popolare. Serve rafforzare servizi territoriali, regolarità nella gestione dei fondi, monitoraggio puntuale e collaborazione tra istituzioni e associazioni. Solo così si potrà trasformare l’accoglienza da emergenziale a risorsa condivisa, utile ai migranti e alle comunità ospitanti.