Statua di Mancini rimossa, dopo sei mesi la nuova denuncia contro Palazzo dei Bruzi
Giacomo Mancini torna sul caso del monumento al nonno davanti al Municipio di Cosenza e attacca l’amministrazione guidata da Franz Caruso
Giacomo Mancini, già deputato socialista, esponente della direzione del Pd Calabria e nipote omonimo dello storico leader socialista, è tornato a denunciare la rimozione della statua dedicata a suo nonno, avvenuta il 18 giugno scorso davanti al Municipio di Cosenza. «Lo sfratto della statua del Leone, oggi sono sei mesi, è lo specchio di come Caruso amministra Cosenza», ha affermato, tornando sul caso che aveva acceso un duro scontro politico e istituzionale.
La statua e la cerimonia del 25 aprile
L’opera era stata collocata il 25 aprile 2022, giorno della Liberazione, nel corso di una cerimonia pubblica alla quale aveva preso parte anche il sindaco Franz Caruso con la fascia tricolore. Sei mesi fa, però, all’alba, l’amministrazione comunale dispose la rimozione della statua. Una decisione che Mancini definisce inspiegabile e che, a suo dire, contraddice scelte e atti precedentemente condivisi dallo stesso primo cittadino.
Il video girato sul luogo simbolo
A distanza di mezzo anno, Mancini si è recato nel punto esatto in cui sorgeva la statua e ha girato un video, poi diffuso sui suoi canali social. «Ve lo ricordate che qui, proprio qui, stava la statua del Leone, del leader socialista, del sindaco più amato. Oggi sono sei mesi da quando Caruso l’ha sfrattata», dice nel filmato, sostenendo che non vi fosse «nessun valido motivo» per la rimozione e ricordando che quel luogo era stato suggerito proprio dal sindaco.
Il racconto della rimozione all’alba
Secondo Mancini, il cambio di rotta sarebbe stato improvviso. «Ha stracciato gli atti che aveva firmato, ha dato incarico a persona di sua fiducia, ha chiamato cinque vigili urbani per essere presenti all’alba e alle 6.30 del mattino ha fatto portare via il Leone», afferma, ricostruendo le fasi dell’operazione che portarono allo smontaggio e al trasferimento della statua.
I costi e il vuoto lasciato
Un’operazione che, sottolinea Mancini, avrebbe avuto anche un costo per le casse comunali. «Costo dello sfratto 8.152,04 euro di denaro pubblico», precisa. Oggi, aggiunge, al posto della statua non ci sarebbe nulla se non il basamento e i faretti che un tempo illuminavano l’opera. Nel video, Mancini è seduto proprio su quel basamento, a sottolineare simbolicamente il vuoto lasciato.
La protesta durante lo smontaggio
Durante le operazioni di rimozione, lo stesso Mancini aveva inscenato una dura protesta, arrivando a sdraiarsi a terra nel tentativo di impedire che il furgone carico della statua potesse allontanarsi. Un gesto estremo che lo aveva esposto anche al rischio di essere investito, a testimonianza della tensione di quei momenti.
L’attacco politico all’amministrazione
Nel filmato, l’esponente del Pd attacca duramente la gestione della città. «Oggi i faretti illuminano quello che è un monumento all’arroganza», afferma, definendo la vicenda «triste, oltraggiosa e violenta» e sostenendo che essa rappresenti «lo specchio di come è amministrata oggi Cosenza». Secondo Mancini, il caso della statua rifletterebbe «l’arroganza del potere, l’uso personalistico dell’istituzione, il diritto trasformato in favore e il favoritismo che diventa regola».
Un appello finale alla città
L’affondo finale è rivolto direttamente alla comunità cosentina. Mancini parla di «ossequio per i prepotenti e protervia verso la povera gente», di «dispetto che sostituisce il rispetto per la storia e per i cosentini». E conclude con un messaggio politico netto. «Cosenza non è Gomorra. I cosentini non stanno sotto il giogo di nessuno. Tantomeno di Caruso. Cosenza merita di meglio».