Omicidio Gioffrè, Mirabelli in aula: «Mi sono difesa, vivevo nel terrore»
Nel processo in Corte d’Assise a Cosenza l’imputata ricostruisce anni di minacce e abusi. La difesa parla di legittima reazione, ma il PM evidenzia contraddizioni. Sentenza attesa entro luglio

Nella sua lunga deposizione in Corte d’Assise a Cosenza, Tiziana Mirabelli ha descritto come un rapporto di buon vicinato con Rocco Gioffrè, 75 anni, sia sfociato in un incubo. Dopo aver aiutato la famiglia dell’uomo in momenti difficili – incluso il ricovero del figlio Aldo – la donna sostiene di essere diventata bersaglio di attenzioni morbose e controllo ossessivo. Dopo la morte della moglie di Gioffrè, la situazione sarebbe precipitata: «Mi seguiva ovunque, minacciava i figli, bussava alla finestra anche di notte. Mi proponeva denaro in cambio di sesso, sparava dal balcone. Avevo paura, ma non ho mai denunciato».
Il delitto e la versione della legittima difesa
Il 14 febbraio 2023, giorno dell’omicidio, secondo la ricostruzione dell’imputata, Gioffrè sarebbe entrato in casa sua armato di coltello. «Mi ha puntato la lama alla gola. Ho reagito per istinto», ha dichiarato. Ne sarebbe seguita una colluttazione, al termine della quale Mirabelli avrebbe colpito l’uomo con l’arma. Le ferite alla mano, la scomparsa del coltello (mai ritrovato) e l’assenza di sangue notata nell’immediatezza contribuiscono a una narrazione incerta. Dopo il fatto, si è nascosta per giorni, dormendo sulle scale del palazzo, fino a costituirsi. «Non ho voluto coinvolgere la mia famiglia. Volevo solo difendermi», ha detto.
Il processo in aula: interrogatori, prove e contraddizioni
L’udienza, presieduta dalla giudice Paola Lucente con il PM Bianca Maria Battini, è stata interamente dedicata all’interrogatorio dell’imputata. Tiziana Mirabelli è difesa dall’avvocato Cristian Cristiano, mentre i figli della vittima, Francesca, Pasquale e Giovanna, sono parte civile con l’avvocato Francesco Gelsomino. Il pubblico ministero ha evidenziato contraddizioni tra le versioni fornite in fasi diverse: «Prima ha detto che il coltello cadde dopo la coltellata, oggi sostiene il contrario». In aula sono stati letti anche i messaggi scambiati tra imputata e vittima, dai toni ambigui. Mirabelli ha spiegato di averli scritti per "calmare" Gioffrè e non per reale coinvolgimento emotivo. Ha inoltre descritto una quotidianità segnata da ricatti, isolamento e squilibrio psichico del vicino.
Verso la sentenza: ultime udienze in programma
Il processo si avvia alle battute finali. Le prossime udienze, fissate per il 25 giugno e il 16 luglio, saranno decisive: verranno presentate le richieste conclusive e si aprirà la strada alla sentenza. La Corte dovrà stabilire se si sia trattato di un omicidio volontario o di un gesto di autodifesa maturato in un contesto opprimente. La vicenda, che ha profondamente colpito l’opinione pubblica cosentina, si muove tra violenza domestica, silenzi, controllo psicologico e la sottile linea tra paura e reazione estrema.