La faida delle Preserre: trent’anni di violenza e lotta al potere nella zona vibonese
Dal conflitto tra le cosche Loielo, Maiolo ed Emanuele alle operazioni di polizia che cercano di porre fine alla guerra mafiosa

La faida delle Preserre ha segnato profondamente la memoria collettiva e il tessuto sociale della zona. Oltre a devastare famiglie e comunità, ha rappresentato l’ennesimo capitolo nell’espansione violenta della 'ndrangheta. Le operazioni giudiziarie hanno dimostrato che la risposta dello Stato può essere efficace, ma resta la consapevolezza dell’enorme lavoro necessario per riportare la legalità e la sicurezza in territori profondamente segnati dalla criminalità organizzata.
Le origini e la prima fase
La Faida delle Preserre vibonesi è un sanguinoso conflitto criminale iniziato nel 1988 nella zona pedemontana di Vibo Valentia, comprendente comuni come Soriano Calabro, Gerocarne, Pizzoni e Vazzano. Il territorio fu conteso tra le cosche dei Loielo e dei Maiolo, appartenenti al “Locale di Ariola”, che inizialmente agivano alleati fino alla rottura del sodalizio e all’escalation della violenza.
Dall’egemonia alla frattura interna
Nel corso degli anni ’90 il gruppo Loielo consolidò il controllo sulla zona, ma nel 2002 emerse una nuova leadership: i clan Emanuele, guidati da Bruno Emanuele, si staccarono e, grazie all’alleanza con i Maiolo e il supporto militare del boss di Cassano Ionio, Antonino Forastefano, eliminarono i Loielo in una serie di agguati mortali, prendendo il pieno controllo del territorio.
La guerra continua e le attività criminali
Tra il 2012 e il 2014 la faida si riaccese: numerosi omicidi tra cui quello di Filippo Ceravolo, 19enne ucciso mentre rincasava, vittima innocente della guerra tra clan. Negli anni seguenti, altri agguati seguirono, fino agli arresti nel 2013 dei presunti vertici, tra cui Rinaldo Loielo e il boss Pantaleone Mancuso, grazie alle indagini che svelarono cospirazioni, esplosivi e connivenze tra le famiglie.
Il contrasto dello Stato: operazione “Luce nei Boschi”
Nel gennaio 2012 l’operazione “Light in the Woods” (poi nota come “Luce nei boschi”) portò a mandati di cattura contro membri dei clan Loielo ed Emanuele. Nel luglio 2018 la Cassazione confermò le sentenze che riconoscevano per la prima volta la presenza mafiosa organizzata nel locale di Ariola, con condanne definitive per 14 persone.