Fogli, calcolatrice, mani.
Fogli, calcolatrice, mani.

La finanza che non si vede è spesso quella che colpisce più duramente. In Italia, e in Calabria in maniera ancora più incisiva, esiste un meccanismo che opera nell’ombra dei mercati e dietro sigle apparentemente innocue: è il mondo delle società di cartolarizzazione, i veicoli che acquistano pacchetti di crediti deteriorati e li trasformano in uno strumento di pressione costante su famiglie, lavoratori e imprenditori.

Non si tratta di banche tradizionali, né di soggetti con sportelli aperti al pubblico. Si tratta di strutture finanziarie che operano attraverso la Legge 130/1999 e che, secondo numerose testimonianze e documentazione pubblica, gestiscono attività di recupero crediti con modalità che generano un impatto psicologico e sociale sempre più preoccupante.

Calabria News 24, in precedenti approfondimenti , ha documentato la presenza – in alcune aree del Nord Italia – di centri operativi riconducibili alla filiera del recupero crediti su posizioni cartolarizzate. Hub dove lavorerebbero numerosi operatori impegnati nel contattare utenti di tutta la penisola. A livello giornalistico, tali informazioni sono state sempre trattate con prudenza, basandosi su fonti aperte, segnalazioni e materiale accessibile al pubblico. In questo articolo si prosegue su quella strada, senza accusare singoli soggetti ma analizzando un fenomeno strutturale che colpisce l’intera Calabria.

Come funziona una cartolarizzazione: ciò che la legge dice e ciò che succede davvero

Secondo la normativa italiana, una società di cartolarizzazione – il famoso SPV, Special Purpose Vehicle – è un veicolo creato con l’unico scopo di acquistare crediti deteriorati da banche, intermediari finanziari o enti pubblici. Il passaggio è formalmente semplice: una banca cede un portafoglio di crediti deteriorati e lo SPV li acquista pagando una frazione del loro valore nominale.

Non è un mistero, perché tutto viene pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Migliaia di cittadini calabresi si ritrovano in quegli elenchi senza sapere di esserci. La comunicazione è tecnicamente valida, ma nella pratica inaccessibile: sigle criptiche, decine di pagine fitte di codici, nessuna spiegazione comprensibile. La legge consente la cessione in blocco dei crediti senza bisogno del consenso individuale del debitore. Questo significa che un piccolo commerciante di Cosenza, un artigiano dell’alto Tirreno o un imprenditore agricolo della Sibaritide può ritrovarsi all’improvviso come debitore di una società sconosciuta, con sede lontana, spesso irraggiungibile telefonicamente se non tramite intermediari. Fin qui la norma. Ma il problema nasce dopo.

Dal credito alla pressione: la filiera delle chiamate continue

Una volta acquisito il credito, la società di cartolarizzazione incarica altre realtà: servicer, master servicer, società di recupero, studi legali, call center. È un ecosistema enorme, frammentato, difficile da tracciare e con livelli di responsabilità che non sempre appaiono chiari a chi subisce le richieste.

Secondo numerose segnalazioni raccolte in Calabria da associazioni di consumatori e professionisti del settore legale, molti cittadini riferiscono: chiamate quotidiane, a volte multiple, anche su numeri non forniti; email dai toni imperativi, talvolta con previsioni di azioni esecutive presentate come “imminenti” anche quando la posizione risulta prescritta o contestabile; solleciti comunicati a familiari o contatti non direttamente coinvolti, pratica che – se confermata – sarebbe lesiva della privacy;

difficoltà ad ottenere documenti chiari che comprovino la legittimità della pretesa. Non si afferma che tali condotte rappresentino reati: si tratta di testimonianze diffuse, documentate da utenti e intermediari, che restituiscono un quadro allarmante dal punto di vista sociale. Il confine tra recupero legittimo e pressione eccessiva, nei fatti, si assottiglia. E spesso è la parte più debole a cedere.

La Calabria come bersaglio facile: il peso sulle famiglie e sugli imprenditori

In Calabria tutto questo assume un’intensità particolare. Non perché la regione sia più indebitata di altre, ma perché la fragilità economica rende i cittadini meno protetti. L’imprenditore calabrese, schiacciato tra ritardi nei pagamenti pubblici, costi energetici elevati e accesso al credito difficile, spesso accumula debiti non per scelta ma per necessità. Un conto è dialogare con un istituto bancario territoriale; un altro è confrontarsi con un soggetto finanziario distante, impersonale, impossibile da raggiungere per chiarimenti immediati.

Le storie raccolte negli ultimi mesi raccontano di: attività commerciali costrette a chiudere dopo richieste di pagamento sproporzionate rispetto ai debiti originari; famiglie che vivono nella paura costante di ricevere l’ennesima lettera minacciosa; imprenditori agricoli che, pur avendo già rimborsato parte del prestito, si trovano richieste cumulative difficilmente verificabili; persone che rinunciano a fare opposizione per mancanza di risorse economiche. È una sofferenza silenziosa, che in Calabria diventa macigno sociale.

Il nodo dei controlli: un sistema formalmente legale ma scarsamente verificato

In teoria, ogni operazione dovrebbe essere tracciabile: atto di cessione, prezzo di acquisto, titolare del credito, soggetti incaricati del recupero.

Nella pratica, però, i livelli di intermediazione sono così tanti che la trasparenza si perde. Non è una posizione accusatoria: è una constatazione ampiamente discussa da economisti, giuristi e commissioni parlamentari negli ultimi anni.

Il cittadino calabrese che vuole verificare chi detiene davvero il suo debito deve districarsi tra: Gazzetta Ufficiale, spesso incomprensibile; servicer e società che rispondono solo via PEC; call center che non forniscono documenti ufficiali; numeri di telefono non riconducibili al titolare del credito.

La distanza tra la teoria della legge e la pratica quotidiana è enorme. E in questa distanza si annidano abusi, errori, pressioni indebite e, soprattutto, paura.

Call center e strutture operative: la nuova geografia della pressione

Secondo ricostruzioni giornalistiche e materiale accessibile a livello pubblico, molte attività di contatto per conto delle società di recupero sono concentrate in strutture del Nord Italia e in altri stati europei. Calabria News 24, in un’inchiesta precedente, aveva documentato l’esistenza di alcune sedi operative riconducibili – in senso lato – alla filiera del recupero crediti. Non si parlava di attività illegali, ma di ambienti dove decine di persone passavano ore a chiamare utenti di tutta Italia, Calabria inclusa. È un sistema industriale, non artigianale. Una macchina che produce pressione in modo seriale.

Cartolarizzazione
Cartolarizzazione

Che cosa serve davvero: trasparenza obbligatoria e diritti immediati per i cittadini

Per gli esperti interpellati in questi anni, la soluzione non sta nel vietare la cartolarizzazione – operazione prevista dalla legge e fondamentale per la stabilità bancaria – ma nel riequilibrare i rapporti di forza. Le priorità indicate più spesso sono: un registro unico online dove ogni cittadino possa verificare, con un click, chi detiene il proprio credito e a che titolo; limiti stringenti alle chiamate ripetute, con obbligo di identificazione e trasparenza immediata; sanzioni automatiche per chi comunica informazioni fuorvianti su minacce di pignoramenti inesistenti; procedure semplificate per contestare crediti prescritti o errori di calcolo; tutela rafforzata per imprese e famiglie in condizioni economiche fragili. Misure che non attaccano nessuno, ma difendono tutti.

La Calabria non può più subire in silenzio

La cartolarizzazione, in sé, è un meccanismo legale e necessario. Ma l’uso che alcuni segmenti della filiera fanno del recupero crediti ha generato un clima di paura che in Calabria pesa come un macigno. Non è un problema di pochi, è un problema di sistema. E finché il sistema resterà opaco, chi pagherà il prezzo più alto saranno sempre gli stessi: famiglie, imprenditori, lavoratori, piccoli commercianti. La Calabria merita trasparenza, tutela e dignità.
Merita un sistema del credito che non trasformi un vecchio debito in una condanna senza fine.

Finché questo non accadrà, continueremo a raccontarlo.