Il rapimento di Cesare Casella: 743 giorni tra paura e speranza
Il giovane sequestrato a Pavia e la lotta della madre "Mamma Coraggio"

Il 18 gennaio 1988 Cesare Casella, un diciottenne di Pavia, venne rapito mentre rientrava a casa dopo una serata con gli amici. Un commando armato e incappucciato lo prelevò, caricandolo in macchina. Quello che seguì fu l’inizio di una lunga sofferenza: per giorni Cesare rimase imprigionato in un box, quindi trasferito in un camion e infine nascosto nei boschi dell’Aspromonte, incatenato alla caviglia e al collo in un buco di appena pochi metri quadrati. Una prigionia che si sarebbe prolungata per 743 giorni.
Trattative, riscatto e speranze infrante
I rapitori avviarono una trattativa estenuante, avanzando richieste iniziali fino a cinque miliardi di lire. La famiglia cedette, pagando un riscatto di un miliardo nel 1988, ma Cesare non fu rilasciato. Le comunicazioni tra la “Anonima sequestri” e la famiglia furono altalenanti, a volte fredde, mantenendo viva la speranza e il terrore in egual misura. Solo dopo il pagamento le richieste calarono, ma il ragazzo restò in custodia terribile per oltre due anni.
"Mamma Coraggio" sfida il silenzio
In un momento di disperazione la madre di Cesare, Angela Montagna, decise di agire con un gesto dirompente. Si recò in Calabria, incatenandosi in piazze come Locri, San Luca e Ciminà, chiedendo a voce aperta di liberare suo figlio. La sua protesta fu accolta con emozione e solidarietà, scatenando un’ondata di attenzione mediatica che ruppe il muro del silenzio locale e nazionale contribuendo a imprimere un'accelerazione nelle indagini.
L’intervento decisivo e la liberazione
Le autorità reagirono intensificando operazioni sul territorio calabrese. Sotto copertura furono eseguiti rastrellamenti, arresti e azioni congiunte tra Nocs, Gis e magistratura di Pavia. Il 30 gennaio 1990, in seguito a uno scontro a fuoco che coinvolse uno dei sequestratori, Giuseppe Strangio, Cesare riuscì a liberarsi e raggiunse autonomamente i Carabinieri, segnando la fine di una prigionia durata più di due anni.
Le conseguenze di un trauma
Il ritorno di Cesare fu salutato con sollievo, ma anche con l’amara consapevolezza di quanto subìto. Fisicamente debilitato e con immense ferite interiori, il giovane visse un percorso di recupero complesso. La sua vicenda spinse la politica e le istituzioni a reagire: fu potenziato il contrasto ai sequestri, nascevano strutture antidroga e si rafforzavano le leggi contro i rapitori.
Un caso che cambiò la storia
Il sequestro di Cesare Casella è entrato nella storia come uno dei più lunghi mai avvenuti in Italia e un punto di svolta nell’affrontare il fenomeno dei rapimenti di massa. La protesta pubblica di una madre, la mobilitazione dall’opinione pubblica e l’azione decisa dello Stato ispirarono una strategia duratura, contribuendo alla rarefazione di questi crimini nei decenni successivi.