Clan Cataldo, potere e faide al cuore della ‘ndrangheta calabrese
La cosca di Locri tra violenti conflitti, traffici illeciti e influenza transregionale

Il clan Cataldo è una delle ‘ndrine più forti della provincia di Reggio Calabria, radicato soprattutto a Locri, ma con proiezioni anche nei territori circostanti quali Portigliola, Gerace e Antonimina. Storicamente alleato dei Marafioti, ha consolidato una posizione di dominio nella zona, emergendo fin dagli anni '60. Oggi, la cosca è attiva non solo sul territorio calabrese ma anche in altre regioni italiane.
La faida di Locri e le rivalità iniziali
Il conflitto con la cosca rivale dei Cordì ha segnato decenni di violenze. La faida, iniziata con l’omicidio di Domenico Cordì nel 1967, si è protratta fino al 1993, quando un attentato riaprì le ostilità. Solo dopo oltre quarant’anni, nel 2010, le due parti firmarono una tregua, iniziando un'alleanza operativa.
Guerra interna e anni di sangue
Negli anni ’70, il clan Cataldo si alleò con la cosca De Stefano durante la prima guerra interna alla ‘ndrangheta, contribuendo al rovesciamento di boss storici come Antonio Macrì. Questa alleanza consolidò il potere della cosca sul traffico di droga e sugli appalti.
Traffici, appalti e mercato illecito
Negli anni Duemila il clan ha rafforzato i suoi affari criminali. L’operazione “Progressivo 659 Dead” coinvolse Cataldo, Marando e Sergi, portando allo smantellamento di un vasto traffico internazionale di droga. Le dinamiche criminali comprendevano anche l’infiltrazione nelle opere pubbliche e negli appalti locali.
Ristrutturazione interna e sviluppo strategico
Negli anni '90, Giuseppe Cataldo era il capobastone riconosciuto, mentre dal 2005 iniziò una serie di arresti ai vertici del clan. Nonostante i colpi giudiziari, il clan è sopravvissuto grazie a una struttura gerarchica solida che favorisce il rinnovamento interno e l’adattamento strategico.