Peppe Valarioti, il primo omicidio politico della ‘ndrangheta in Calabria
Il consigliere comunale comunista ucciso per la sua battaglia contro il malaffare e l’ingerenza mafiosa

Giuseppe “Peppe” Valarioti nacque a Rosarno nel marzo 1950, figlio di contadini. Laureato in Lettere a Messina, divenne insegnante, attivista politico e portavoce del Partito Comunista Italiano nella Piana di Gioia Tauro. Sotto la sua guida, nella primavera del 1980, il Pci ottenne un sorprendente successo elettorale, diventando il secondo partito in Calabria, risultato che rappresentò una chiara sfida al controllo esercitato dalla ‘ndrangheta sul territorio e sulla politica locale.
L’agguato mortale e il colpo alla democrazia
La notte dell’11 giugno 1980, dopo una cena celebrativa per la vittoria elettorale, Valarioti stava tornando a casa quando fu colpito a morte da un commando armato. I killer, sparando con una lupara, lo lasciarono agonizzante a Nicotera, dove morì poco dopo. La sua uccisione, avvenuta a soli trent’anni, rappresentò un momento drammatico: fu il primo attentato mafioso contro un esponente politico in Calabria, un messaggio intimidatorio chiaro e senza ritorno.
Chi erano i mandanti e la mancanza di giustizia
Tra gli accusati di aver organizzato l’agguato ci furono membri del clan Pesce della Piana di Gioia Tauro, individuati tramite indizi e testimonianze. Tuttavia, mancarono prove sufficienti per una condanna definitiva e il processo si concluse senza colpevoli accertati. Il silenzio giudiziario che seguì lasciò aperto uno squarcio sul legame tra politica e mafia a livello regionale.
Memoria, resistenza e un’eredità ritrovata
Negli anni successivi la figura di Valarioti è stata lentamente riscoperta. A partire dal 2024 sono nate iniziative culturali e civili: documentari, un docufilm sostenuto dall’Anpi, intitolazioni di parchi e la creazione della “Casa del Popolo” a Rosarno, raccolte di fondi per testimoniare la sua memoria. La sua morte è diventata simbolo di una Calabria che non si piega ai ricatti mafiosi e che si impegna nella costruzione di una cultura democratica e partecipata.
Un monito per il futuro
La vicenda di Peppe Valarioti resta un monito potente: la lotta alla criminalità non si esaurisce nello sradicamento fisico dei mafiosi, ma richiede anche la difesa dell’integrità delle istituzioni e della dignità politica. Ricordarlo significa non solo onorare la sua figura, ma riaffermare il valore della partecipazione attiva, dell’antimafia collettiva e del coraggio civile.