Un sequestro patrimoniale da circa 2,7 milioni di euro è stato eseguito nei confronti di un soggetto ritenuto vicino alla cosca mafiosa “Arena” di Isola di Capo Rizzuto (Kr). L’operazione, condotta dai militari del Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata e del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Catanzaro, è avvenuta su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia (Dda) della Procura di Catanzaro.

Il provvedimento, emesso dal Tribunale di Catanzaro – Sezione Misure di Prevenzione, ha riguardato 13 unità immobiliari, un appezzamento di terreno e una ditta individuale, tutti beni ritenuti sproporzionati rispetto ai redditi dichiarati dal soggetto destinatario del sequestro.

Un patrimonio incompatibile con i redditi

Le indagini economico-patrimoniali, condotte dagli specialisti del Gico e del Servizio Centrale Ico, hanno messo in luce l’origine illecita del patrimonio riconducibile all’indagato. I beni sequestrati risultano formalmente intestati all’uomo, ma secondo gli investigatori sarebbero frutto di capitali derivanti da attività illecite, in particolare nel settore del gioco e delle scommesse online.

Il legame con l’inchiesta “Jonny” e la pax mafiosa sull’accoglienza

Il soggetto colpito dal sequestro era già emerso nell’ambito del procedimento penale “Jonny”, inchiesta che ha svelato le ramificazioni del clan Arena e i suoi interessi economici tra il 2002 e il 2019. L’indagine aveva rivelato come la cosca avesse assunto un ruolo predominante nel business del gioco d’azzardo, anche attraverso noleggi illeciti di apparecchi elettronici per il gioco.

Non solo: era stato documentato un accordo tra diverse cosche crotonesi, un tempo rivali, per spartirsi le somme pubbliche destinate all’accoglienza dei migranti. In particolare, il sistema di corruzione ruotava attorno al Centro di Accoglienza “Sant’Anna” di Isola di Capo Rizzuto, attraverso fatture false e forniture fittizie.

Una figura ritenuta socialmente pericolosa

Il destinatario del provvedimento è già stato condannato in primo e secondo grado per partecipazione ad associazione mafiosa, ai sensi dell’art. 416-bis del Codice Penale. Il Tribunale lo ha classificato come soggetto connotato da una “pericolosità sociale qualificata”, secondo quanto previsto dal Decreto Legislativo n. 159/2011.

Il sequestro è stato disposto in base all’art. 20 dello stesso decreto, che consente l’adozione di misure patrimoniali di prevenzione nei confronti di soggetti mafiosi o socialmente pericolosi, anche in assenza di condanna definitiva.

Un’azione coordinata nella strategia di contrasto alla ‘ndrangheta

Il provvedimento odierno si inserisce in una più ampia strategia di contrasto patrimoniale alla criminalità organizzata, già attiva da tempo nel territorio crotonese. Operazioni simili, legate all’inchiesta “Jonny”, avevano portato in passato al sequestro di altri beni per circa 2 milioni di euro nei confronti di ulteriori soggetti coinvolti.

Il procedimento di prevenzione è tuttora in corso, e nei prossimi mesi il Tribunale di Catanzaro sarà chiamato a valutare la sussistenza dei presupposti per la confisca definitiva dei beni sequestrati. Un ulteriore passo per sottrarre risorse e potere economico alle cosche che da decenni inquinano il tessuto economico e sociale della Calabria.