Ernesto Fazzalari: dall'apice della criminalità alla scarcerazione per motivi di salute. Tumore al pancreas
Ernesto Fazzalari, ex latitante numero 2 dopo Matteo Messina Denaro, scarcerato per motivi di salute. Tumore al pancreas

Un nome legato alla storia della 'ndrangheta calabrese. Ernesto Fazzalari, per anni considerato il latitante numero due in Italia dopo Matteo Messina Denaro, rappresenta uno dei volti più noti e temuti della criminalità organizzata. La sua lunga carriera criminale, contrassegnata da episodi di violenza brutale, è culminata con l'arresto nel 2016 e una condanna al regime carcerario del 41-bis. La scarcerazione per gravi motivi di salute, una decisione che ha scatenato dibattiti sull'equilibrio tra il diritto alla salute e la necessità di garantire sicurezza.
La faida di Taurianova: gli episodi di violenza più efferati
Negli anni '90, Ernesto Fazzalari si impose come uno degli attori principali della sanguinosa faida di Taurianova, un conflitto tra cosche rivali che insanguinò l'area metropolitana di Reggio Calabria. Tra i crimini più brutali attribuiti a Fazzalari, uno spicca per la sua efferatezza: l’omicidio di Giuseppe Grimaldi nel 1991. Secondo le ricostruzioni, Fazzalari, insieme a Marcello Viola e Pasquale Zagari, avrebbe decapitato Grimaldi a colpi di machete, utilizzando poi la sua testa come tirassegno in una piazza del paese.
Sempre nello stesso periodo, Fazzalari avrebbe partecipato a un altro attacco feroce contro la famiglia Grimaldi, infiltrandosi, fingendosi carabiniere, durante un lutto domestico. In quell’occasione, furono uccisi Roberto Grimaldi, un giovane di 20 anni, e ferita gravemente la sorella Rosita. Episodi che testimoniano la spietatezza e l'assenza di scrupoli che caratterizzavano il modus operandi del boss.
Una latitanza durata 20 anni: il boss più ricercato d’Europa
Latitante dal 1996, Ernesto Fazzalari è stato ricercato per crimini gravissimi, tra cui traffico di droga, associazione mafiosa, traffico di armi e rapine. La sua fuga lo ha portato a essere inserito nella lista dei latitanti più pericolosi d’Italia e d’Europa. Dal 2004, il suo nome era noto anche a livello internazionale, con una rete di investigatori impegnati a rintracciarlo.
Fazzalari venne arrestato nella notte del 26 giugno 2016 dai Carabinieri della Sezione Catturandi del Comando Provinciale di Reggio Calabria. L’operazione avvenne nelle campagne di Molochio, un comune non lontano dal suo feudo, e fu descritta come "un'operazione da manuale" dal Comandante Generale dell'Arma dei Carabinieri, Gen. Tullio Del Sette. L’arresto, annunciato anche dall’allora Ministro Angelino Alfano con un tweet, segnò la fine di una fuga durata oltre due decenni.
La condanna al 41-bis e la scarcerazione per motivi di salute
Dopo l’arresto, Fazzalari venne condannato all’ergastolo e sottoposto al regime carcerario del 41-bis, una misura riservata ai boss di primo piano della criminalità organizzata. La detenzione avvenne presso il supercarcere di Parma, una struttura ad alta sicurezza dove i detenuti vengono completamente isolati per impedire contatti con l’esterno.
Tuttavia, nel marzo 2023, Fazzalari è stato trasferito agli arresti domiciliari per gravi problemi di salute. Il boss è affetto da un adenocarcinoma pancreatico, una forma di tumore molto aggressiva che ha reso incompatibile la sua permanenza in carcere. La decisione del Tribunale di Sorveglianza ha suscitato polemiche, poiché per una figura criminale del calibro di Fazzalari il tema della sicurezza pubblica è sempre al centro del dibattito.
L’impatto della scarcerazione e le domande aperte
La scarcerazione di Ernesto Fazzalari evidenzia il difficile equilibrio tra il diritto alla salute, sancito dalla Costituzione italiana, e la necessità di garantire la sicurezza pubblica. La sua storia criminale, intrecciata con episodi di violenza brutale e un passato di latitanza, continua a essere un monito sulla pericolosità della 'ndrangheta e sulla necessità di combattere questa organizzazione con strumenti legali e investigativi efficaci.
Un passato che pesa sulla Calabria
Il nome di Ernesto Fazzalari è legato ai comuni di Molochio e Taurianova, epicentri di una delle più cruente faide nella storia della ‘ndrangheta. Nonostante la sua scarcerazione per motivi di salute, il suo passato resta impresso come simbolo di uno dei periodi più bui per la Calabria, una terra che lotta ancora oggi contro le infiltrazioni mafiose.
Il Tribunale di Sorveglianza di Bologna ha concesso la detenzione domiciliare
Ernesto Fazzalari, noto boss della 'ndrangheta, a causa di una malattia incurabile e aggressiva. Arrestato nel giugno 2016 a Molochio, in provincia di Reggio Calabria, Fazzalari era stato condannato all'ergastolo nel processo Taurus, pena successivamente ridotta a 30 anni dalla Corte d'Assise d'Appello di Reggio Calabria. Durante la detenzione al regime del 41 bis, gli è stata diagnosticata una grave patologia, ritenuta incompatibile con il carcere duro. La decisione del Tribunale segue l'annullamento di precedenti ordinanze di rigetto da parte della Corte di Cassazione, accogliendo i ricorsi dell'avvocato Antonino Napoli.
Fazzalari era stato latitante per oltre 20 anni
Inserito al secondo posto nella lista dei latitanti più pericolosi d'Italia, subito dopo Matteo Messina Denaro. Il suo nome è legato alla sanguinosa faida di Taurianova, avvenuta tra gli anni '80 e '90, che trasformò la cittadina calabrese in teatro di violenti scontri tra cosche rivali. Conosciuto come uno dei massimi esponenti della cosca Avignone-Zagari-Viola, Fazzalari è stato protagonista di episodi di estrema violenza durante quel periodo.
La scarcerazione di Fazzalari solleva interrogativi sull'equilibrio tra il diritto alla salute dei detenuti e la necessità di garantire la sicurezza pubblica, soprattutto in casi riguardanti figure di spicco della criminalità organizzata.