Una costata di Black Angus
Una costata di Black Angus

Sembra una moda, e forse lo è. Una moda che ha preso piede senza regole, senza controllo e soprattutto senza verità.
La carne servita nei ristoranti calabresi — da quelli rustici di paese ai pub cittadini, passando per agriturismi e locali “gourmet” — porta nomi che sembrano usciti da un catalogo internazionale: Black Angus, Tomahawk, Entrecôte, Chianina australiana, Ribeye. Ma cosa c’è davvero dietro queste etichette?
La risposta, dopo settimane di sopralluoghi e verifiche, è inquietante: non lo sa quasi nessuno.

Abbiamo chiesto. E ci hanno risposto con il nulla

Abbiamo visitato diverse decine di ristoranti in tutta la Calabria — dal Pollino alla Locride, passando per la Piana di Gioia Tauro, la Sila e la costa ionica. In ognuno di questi abbiamo posto una domanda semplice: “Che razza è questa carne? Da dove viene? Come è stata allevata?”. Le risposte? Tutte vaghe. Tutte generiche. Alcune quasi imbarazzanti.

“È un taglio speciale”. “È angus, ma non so se argentino o irlandese”. “Ce la fornisce il grossista, arriva già pronta”. “Viene dall’Europa, è buona”. “Non so dirle di preciso, ma è carne di qualità.”

Nessuno ha saputo indicare con certezza la razza bovina, l’origine esatta dell’allevamento o la filiera produttiva.

Il massimo che si riesce ad ottenere è un “provenienza Ue” scritto sull’etichetta della vaschetta. Che, tradotto, vuol dire tutto e niente. Perché dietro la dicitura Ue si nasconde un continente intero, con normative molto differenti tra loro.

Allevamenti intensivi, confezioni in plastica, carni senza volto

Molte delle carni servite nei locali calabresi non provengono dall’Italia, né da allevamenti tracciabili o sostenibili.
Sono tagli standardizzati, confezionati sottovuoto, spesso porzionati in modo millimetrico: un vantaggio per il ristoratore, che ha meno scarti e più velocità di servizio, ma un disastro per la qualità e la trasparenza.

Queste carni provengono frequentemente da: Irlanda e Polonia, dove le normative sui mangimi e sul benessere animale sono meno severe. Olanda, nota per la produzione bovina intensiva. Paesi dell’Est Europa, dove i controlli sono minimi e i costi di allevamento bassissimi. In alcuni casi, Sud America, con carni congelate e sbarcate dopo settimane di viaggio.

Il consumatore? Non sa nulla. Mangia “Black Angus” pensando di gustare un pezzo di carne pregiata, mentre in realtà spesso si tratta di un taglio industriale dal sapore piatto e omologato.
La carne è venduta a 40 euro al chilo nei ristoranti, ma è stata acquistata a meno di 10, con un margine altissimo a fronte di una qualità discutibile.