Cutro
Cutro

Il 13 gennaio 1982, nella piazza di Cutro (provincia di Crotone), si consumò un agguato armato diretto al boss locale Antonio Dragone. In quel tragico momento persero la vita due innocenti: il maresciallo dei Carabinieri Francesco Borrelli e Salvatore Dragone, ragioniere di 42 anni, parente ma estraneo agli affari criminali della cosca.

Il contesto criminale

L’agguato faceva parte della faida in corso tra la cosca Dragone e quella degli Oliverio, in lotta per il controllo della zona di Cutro sin dagli anni ’70. Nonostante l’obiettivo fosse Antonio Dragone, le indagini hanno successivamente accertato che Salvatore Dragone era del tutto estraneo ai legami mafiosi.

Come andarono i fatti

Il maresciallo Francesco Borrelli, fuori servizio quel giorno, intuito il pericolo, cercò di mettere in sicurezza la piazza: avvertì la gente con urla, tentando di evitare vittime tra i civili. Ma gli spari colpirono lui e Salvatore Dragone, mentre il vero bersaglio, Antonio, riuscì a difendersi e sopravvivere.

Conseguenze e impunità

Nessuno fu processato né condannato per l’omicidio. Le figure istituzionali non riconobbero la responsabilità della ‘ndrangheta nell’uccisione di civili estranei. La memoria di Borrelli è stata celebrata in occasioni antimafia, mentre la vicenda di Salvatore Dragone rimane per lo più ignorata, vittima silente di una violenza mirata ad un altro obiettivo.

Memoria e riflessioni

Questo episodio evidenzia la crudeltà delle logiche mafiose, capaci di colpire anche chi non ha alcun legame con l’organizzazione criminale. L’uccisione di Salvatore Dragone, persona onesta e inconsapevole, rappresenta una delle tante storie di “vittime innocenti delle mafie” che meriterebbero un ricordo più consapevole da parte della società civile.