Vincenzo Macrì
Vincenzo Macrì

Antonio Macrì, noto anche come “Zzi ’Ntoni”, è stato uno dei boss più influenti della ‘ndrangheta nel secondo dopoguerra. Originario di Siderno, aveva fondato le fondamenta del potere sulla propria figura carismatica e sul rispetto indiscusso nel territorio ionico calabrese. A lui si attribuisce il ruolo di riferimento massimo per le strategie mafiose dell’epoca, tanto da essere considerato parte di un triumvirato alleato con i boss Tripodo e Piromalli.

Faide e il tramonto dell’“antica guardia”

Il predominio di Macrì fu brutalmente interrotto all’inizio della Prima guerra di ’ndrangheta, scoppiata intorno al 1974. Il conflitto scaturì da un contrasto sul narcotraffico tra la vecchia guardia rappresentata da Macrì e le nuove famiglie emergenti, come i De Stefano. Il clamoroso omicidio di Macrì nel gennaio del 1975 sancì uno spartiacque nella storia dell’organizzazione, accelerando la scalata dei clan più aggressivi.

I discendenti e il legame con Vincenzo Macrì

Vincenzo Macrì, nato nel 1965 e figlio di Antonio, ha rappresentato la continuazione della linea familiare criminale. La sua figura richiama una cosca legata all’eredità paterna ed è rimasta negli anni tra i protagonisti nella controparte più “trattativa” e localmente influente della ‘ndrangheta.

L’evoluzione e le ramificazioni internazionali

Dalla leadership territoriale delle origini, il clan Macrì ha fatto parte di un fenomeno più ampio: quello delle strutture mafiose calabresi che, ansiose di expanderne l’impero, hanno costruito legami all’estero con attenzione all’affare della droga e allo smaltimento di risorse illecite. Mentre i Macrì sono stati in prima linea sul piano locale, essi si integravano con reti criminali internazionali, simbolo del salto organizzativo compiuto dalla ‘ndrangheta nel corso dei decenni.

Il ruolo nella memoria storica della ‘ndrangheta

Il clan Macrì, insieme ad altri storici gruppi come i Commisso di Siderno, incarna l’immagine del potere tradizionale dentro una criminalità già allora in grado di trasformarsi e penetrare la società. La loro eredità è anche culturale: riferimenti a radici profonde, rispetto alla forma familiare e alla resistenza al cambiamento rimangono elementi caratteristici dell’identità interna.