Antonio Macrì
Antonio Macrì

La Prima guerra di ‘ndrangheta esplose tra il 1974 e il 1977 in Calabria, disegnando una netta frattura tra le leve tradizionali e una nuova classe di boss intenzionati a includere monopolio sui sequestri, traffico di droga e alleanze con la massoneria coperta. Il confronto si consumò tra due schieramenti: da un lato la “vecchia guardia” rappresentata da Antonio Macrì di Siderno e Domenico Tripodo di Reggio Calabria; dall’altro la nuova generazione guidata da Girolamo Piromalli e i fratelli De Stefano, pronti a trasformare l’organizzazione in un modello più redditizio e moderno.

L’entità del dramma: oltre 230 vittime

Il conflitto fu estremo: si calcola che portarono alla morte circa 233 persone, tra agguati, omicidi e attentati. La guerra consentì ai De Stefano di prendere il controllo di Reggio Calabria, estromettendo Tripodo e Macrì dal potere nella costruzione e nei pubblici appalti. Il clan Piromalli, d’altro canto, si era già schierato con la nuova generazione, gettando le basi per la futura convergenza con istituzioni e poteri occulti.

La fine dei capi tradizionali

Don Mico Tripodo fu arrestato nel febbraio 1976 e successivamente assassinato in carcere nel 26 agosto 1976, in esecuzione da sicari legati a Raffaele Cutolo, su input di Paolo De Stefano. Antonio Macrì cadde invece il 20 gennaio 1975, vittima diretta della violenta offensiva dei De Stefano. Questi omicidi segnano il tramonto della generazione tradizionalista e l’affermazione definitiva della nuova egemonia criminale.

La Santa e la svolta “istituzionale”

Parte integrante di questa transizione fu l’istituzione della Santa, una loggia segreta interna alla ‘ndrangheta che consentiva ai boss di instaurare relazioni con ambienti politici e massoneria. L’iniziativa fu promossa da Piromalli e sostenuta da Paolo De Stefano, mentre Macrì e Tripodo si opponevano, difendendo il modello tradizionale di chiusura e segretezza. La neonata élite criminale iniziò a concepire operazioni economiche su larga scala, dai sequestri alle grandi opere, aprendo la porta a un salto qualitativo nel potere mafioso regionale.

Conseguenze e trasformazioni durature

Al termine del conflitto, la cosca De Stefano emerge come nuova leadership incontrastata di Reggio Calabria, sostenuta da famiglie come i Mammoliti, Cataldo, Mazzaferro e Strangio. La ‘ndrangheta, da allora, iniziò la sua espansione su scala nazionale e internazionale, grazie alla capacità di infiltrazione nelle reti istituzionali e nella gestione di traffici illeciti sofisticati.

Ripercussioni nel tempo: un laboratorio criminale

La Prima guerra di ‘ndrangheta è considerata un momento decisivo nella storia dell’organizzazione, trasformando la criminalità rurale in un sistema strutturato, con contatti internazionali, affari milionari e controllo sociale capillare. Il conflitto inaugurò un assetto mafioso integrato con poteri occulti e finalizzato al profitto moderno.