Procura Vibo Valentia
Procura Vibo Valentia

Le domande inevase

L’inchiesta della magistratura avrà il compito di rispondere a domande semplici ma cruciali: La trave era sicura? Era stata costruita e fissata con materiali idonei? Mostrava segni di usura o degrado che avrebbero dovuto essere notati? I controlli erano adeguati? Esistono registri di manutenzione, ispezioni periodiche, collaudi successivi all’installazione? Sono stati rispettati gli standard previsti dalle norme? La vigilanza era sufficiente?
Chi aveva il compito di monitorare lo stato delle strutture e di intervenire in caso di pericolo? Sono domande che non riguardano solo questo parco, ma l’intero sistema della gestione degli spazi pubblici. Perché se un attrezzo in legno, installato per il fitness, cede improvvisamente e provoca la morte di un bambino, è doveroso capire se si tratta di un cedimento imprevedibile o di un problema evitabile.

La dimensione simbolica della tragedia

Ogni volta che muore un bambino, muore un pezzo di comunità. Francesco non era solo il figlio dei suoi genitori, ma il figlio di un’intera città che oggi si interroga sul proprio senso di responsabilità. Un parco pubblico è un bene comune: la sua sicurezza è un dovere condiviso tra chi lo amministra, chi lo manutiene e chi lo frequenta. In questa tragedia, il dolore dei genitori diventa il dolore di tutti, e la ricerca della verità non è un atto privato, ma una necessità collettiva. Perché non si tratta solo di accertare colpe: si tratta di ristabilire la fiducia dei cittadini nelle istituzioni e nel valore della sicurezza dei luoghi che dovrebbero essere i più protetti. Nei prossimi mesi saranno decisive le conclusioni della perizia tecnica e l’eventuale iscrizione di persone nel registro degli indagati. Solo allora si potrà delineare con chiarezza se vi siano state negligenze e chi, eventualmente, dovrà risponderne davanti alla legge. La Procura sembra determinata ad andare fino in fondo. La città lo chiede, la famiglia lo pretende, la memoria di Francesco lo impone. La morte di Francesco Mirabelli non è soltanto una tragedia privata, ma un caso che interroga la coscienza civile. Una trave che cede in un parco non è mai solo un incidente: è un evento che mette in discussione la cura e l’attenzione con cui vengono gestiti i luoghi destinati ai più piccoli. La giustizia dovrà accertare la verità, stabilire se si è trattato di una fatalità imprevedibile o del frutto di negligenze. Quel che è certo è che la vita di Francesco non può essere archiviata nel silenzio. La sua storia resterà un monito per tutti: i parchi devono essere spazi di vita, mai di morte.