Girolamo Mommo Piromalli
Girolamo Mommo Piromalli

Girolamo “Mommo” Piromalli (1918–1979), originario di Gioia Tauro, iniziò la sua vita come pastore prima di intraprendere la carriera criminale. Divenne capobastone della potente cosca Piromalli, accumulando capi d’accusa che spaziano da porto abusivo d’armi a omicidio tra gli anni ’40 e ’50.

Il triumvirato e la creazione de “La Santa”

Negli anni Sessanta, Mommo Piromalli si affermò come figura di riferimento insieme ad Antonio Macrì e Domenico Tripodo. A lui si deve l’istituzione del grado segreto “La Santa”, atto a favorire collusioni con massoneria e istituzioni, segnando una svolta nell’approccio mafioso.

Dominio economico e controllo strategico del territorio

Il suo potere si consolidò grazie al controllo su appalti miliari per l’autostrada Salerno–Reggio Calabria, l’acciaieria e soprattutto il porto di Gioia Tauro. Quando società coinvolte nel progetto tentarono di pagare tangenti, Piromalli e i suoi pretese subappalti diretti, assicurandosi gran parte degli affari.

Inizio della modernità mafiosa… e della guerra interna

Il cambiamento imposto da Piromalli e dai De Stefano suscitò tensioni che portarono alla prima guerra di ‘ndrangheta (1974–1976), con oltre 200 morti. Al termine del conflitto, l’alleanza tra la sua fazione e quella emergente dei De Stefano assunse il controllo definitivo dell’organizzazione.

Eredità criminale e dominio prolungato

Alla sua morte naturale nel 1979, fu suo fratello Giuseppe a raccogliere l’eredità, rafforzando ulteriormente l’impero mafioso. La cosca si inserì in modo strutturato nel traffico internazionale di droga e consolidò la propria influenza su Gioia Tauro, diventando una delle ‘ndrine più potenti d’Europa.

Un boss che ha riscritto la ‘ndrangheta

Don Mommo Piromalli resta una figura emblematica per la capacità di ridefinire i paradigmi dell’organizzazione: da compagine rurale a imprenditoria criminale complessa, capace di infiltrarsi in politica, massoneria e affari pubblici. Il suo modello ha segnato profondamente la storia della malavita calabrese, lasciando un segno indelebile tutt’oggi evidente.