Roberto Occhiuto

L'avviso di garanzia notificato nei giorni scorsi al presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto, non è solo una notizia giudiziaria. Non si tratta – è bene chiarirlo – di una condanna né di un giudizio morale, ma di un'indagine in fase preliminare, condotta dalla Procura della Repubblica di Catanzaro, che potrebbe rivelare dinamiche più ampie di quanto inizialmente apparisse.

Il nome di Occhiuto compare insieme a quelli di Paolo Posteraro, suo ex socio in attività imprenditoriali, e di Ernesto Ferraro, attuale amministratore unico delle Ferrovie della Calabria, società partecipata al 100% dalla Regione. Gli altri due indagati, entrambi cosentini, chiudono un cerchio su cui si stanno concentrando gli accertamenti della Guardia di Finanza: corruzione e truffa aggravata per il conseguimento di fondi pubblici sono le ipotesi principali.

Le trame di un rapporto d'affari

Al centro dell’indagine c’è il rapporto tra Occhiuto e Posteraro, evoluto nel tempo da collaborazione professionale a potenziale punto critico. L’oggetto di attenzione è una società cofondata dai due, successivamente ceduta a Posteraro in circostanze che oggi vengono rilette dagli inquirenti alla luce di un finanziamento europeo da oltre 58mila euro ottenuto da quest’ultimo. Una cifra che, secondo le ipotesi investigative, potrebbe non riflettere il reale valore della quota ceduta da Occhiuto, né essere giustificata dalla tempistica del recesso.

A rafforzare i sospetti, vi è un episodio ben preciso: l’incarico da 120mila euro annui conferito a Posteraro da Ferraro pochi giorni dopo la sua nomina alla guida delle Ferrovie della Calabria. Un affidamento che – al di là del valore economico – viene oggi messo in relazione con i rapporti pregressi tra i soggetti coinvolti, tanto da indurre la magistratura a chiedere chiarimenti formali attraverso interrogatori e sequestri di documentazione.

Il punto di rottura

Il caso arriva in un momento delicato per Occhiuto, che ha costruito la propria immagine politica sull’efficienza, la trasparenza e la distanza dai meccanismi opachi della politica clientelare. La sua reazione è stata immediata: «Ho chiesto io stesso di essere ascoltato dai magistrati. Non so nemmeno quale circostanza mi venga contestata». Una mossa che punta a ribaltare la narrazione, da sospettato a parte attiva nel chiarimento della vicenda. Ma il nodo rimane: quanto è permeabile il confine tra relazioni personali e funzioni pubbliche in un sistema istituzionale ancora fragile come quello calabrese? E dove finisce il legittimo esercizio del potere di nomina, e dove inizia il possibile scambio di favori?

Politica, trasparenza e aspettative

Il sostegno espresso da esponenti di primo piano – come il vicepremier Antonio Tajani – testimonia la fiducia che il centrodestra continua a riporre in Occhiuto. Tuttavia, il caso mostra con chiarezza quanto sia difficile per la politica sottrarsi all’ombra dei sospetti, soprattutto quando la posta in gioco è la gestione delle risorse pubbliche in una regione dove ogni euro investito è carico di aspettative, tensioni e squilibri storici. Al momento, nessuna delle ipotesi è stata confermata e gli atti restano coperti dal segreto istruttorio. Ma resta la sensazione che questa vicenda, al di là della sua evoluzione processuale, abbia già sollevato una questione politica sostanziale: il rapporto tra etica pubblica e responsabilità privata, tra legittimità formale e legittimazione sociale. E proprio qui, forse, si gioca la vera sfida della Calabria contemporanea.