Il clan più noto e potente del vibonese è quello dei Mancuso di Limbadi, considerato da anni una delle famiglie di vertice della ’ndrangheta calabrese. Gli inquirenti descrivono i Mancuso come una cosca capace di gestire affari miliardari, soprattutto nel traffico internazionale di droga, nel settore degli appalti e nel controllo del territorio. La loro influenza si estende ben oltre i confini provinciali, raggiungendo il Nord Italia e scenari internazionali.

I Bonavota di Sant’Onofrio: alleanze e radicamento

Un altro clan di rilievo è quello dei Bonavota, originario di Sant’Onofrio. La cosca è nota per la sua capacità di stringere alleanze con altre potenti famiglie della ’ndrangheta, muovendosi abilmente tra traffici illeciti, estorsioni e gestione del potere criminale. Il loro radicamento sul territorio, unito a una forte rete di relazioni esterne, li rende un gruppo difficile da scalfire.

I Fiarè di San Gregorio d’Ippona: la “vecchia guardia”

Storicamente rilevante anche il clan Fiarè di San Gregorio d’Ippona, spesso indicato come una delle cosche più radicate del vibonese. Attivi da decenni, hanno costruito il loro potere attraverso estorsioni, controllo economico e rapporti con altre famiglie mafiose. La loro storia criminale si intreccia con le dinamiche più ampie della ’ndrangheta regionale.

I Piscopisani: la nuova generazione criminale

Particolarmente temuti negli ultimi anni sono i Piscopisani, cosca nata nel quartiere di Piscopio, a Vibo Valentia. Questo gruppo, formato da elementi più giovani e violenti, si è distinto per la ferocia con cui ha imposto il proprio controllo, rendendosi protagonista di faide sanguinose e atti intimidatori. Il loro ruolo rappresenta una sorta di “nuova leva” della criminalità vibonese.

Un territorio sotto pressione

La provincia di Vibo Valentia si conferma dunque come un’area strategica per la ’ndrangheta, dove coesistono famiglie storiche e nuovi gruppi emergenti. Gli equilibri criminali si reggono su alleanze, faide e continui rapporti con altri clan calabresi e non solo. Le grandi operazioni antimafia degli ultimi anni hanno colpito duramente queste cosche, ma la loro capacità di rigenerarsi resta una sfida aperta per le istituzioni e per la società civile.