Occhiuto respinge le accuse di corruzione: “Non ho nulla da temere, chiarirò tutto”
Il presidente della Regione Calabria intervistato da Nicola Porro, si difende con fermezza dall’inchiesta della Procura di Catanzaro e rilancia: “Mi ricandido, sarà il popolo a giudicare”

Il presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto, ha risposto pubblicamente alle accuse di corruzione che lo vedono indagato nell’ambito di un’inchiesta della Procura di Catanzaro. Intervistato lunedì sera a Quarta Repubblica, il talk show condotto da Nicola Porro su Rete4, Occhiuto ha respinto con decisione ogni addebito: “Sono certo che in questi anni da presidente della Regione non ho fatto nulla che possa essere in qualche modo assimilabile a corruzione. Non ho nulla da temere”.
Il governatore calabrese ha espresso la volontà di essere ascoltato quanto prima dai magistrati: “Lavoro 16-17 ore al giorno su problemi complicatissimi di una regione complicatissima, oggi invece una parte del mio cervello e una parte del mio tempo lo devo dedicare a queste stronzate. Voglio essere chiamato perché sono nella condizione di chiarire ogni cosa”.
“Nessun fatto mi viene contestato”
Occhiuto ha poi riferito di non aver ancora visionato alcun dettaglio concreto a suo carico: “Ho ricevuto due fogli sui quali non c’è un solo fatto che mi venga contestato. Ho letto non le carte, ma Il Domani, che sembra la cancelleria del tribunale”.
Il nodo dell’indagine riguarderebbe presunti benefici personali derivanti da società private condivise con un socio, il quale, secondo l’accusa, sarebbe stato poi agevolato nella nomina a un incarico. Occhiuto ha chiarito: “Avevo delle società private con un altro mio socio, al quale io personalmente non ho dato alcun incarico. Mi dicono che avrei tratto dei benefici perché utilizzavo due auto, una Smart e un’Audi di piccola cilindrata. Rapporti assolutamente ordinari tra soci”.
“Mai favorito il mio socio: non è uno scappato di casa”
Riferendosi alla figura del suo socio, il governatore ha precisato che si tratta di un professionista con un curriculum rilevante: “Era già stato capo della segreteria di due ministri, autore di programmi televisivi nazionali. Non è uno scappato di casa. L’avrei potuto nominare, ma non l’ho fatto per una mia ossessione maniacale per il rigore amministrativo”.
Quanto alla successiva nomina del medesimo socio da parte della compagna di Occhiuto, Matilde Siracusano – oggi sottosegretaria di Stato – il presidente ha confermato: “È vero che lo ha nominato, ma fu lui a offrirsi per collaborare, e sia io che lei ne fummo felici per via della sua esperienza”.
“Non volevo dipendere dalla politica”
Occhiuto ha poi rivendicato la scelta di mantenere per anni un’attività imprenditoriale parallela alla politica: “Le società le avevo perché non volevo dipendere dalla politica. È una cosa giusta. Poi ho deciso di cedere le quote al mio socio quando ho annunciato la ricandidatura. Tutto è avvenuto in una normale trattativa tra soci”.
Il tempismo tra l’annuncio della nuova candidatura e l’apertura dell’inchiesta, ha lasciato intendere Occhiuto, non è stato casuale.
“Indagatemi, ma lasciatemi lavorare”
Il presidente calabrese ha infine rilanciato il proprio rapporto con la magistratura e con il territorio: “Io stimo i magistrati, ci ho lavorato fianco a fianco. Ho costruito un’altra immagine della Calabria, ora sono incazzato perché quella che si dà oggi è sbagliata. Non voglio più garanzie dei cittadini, ne voglio di meno: sono sicuro di poter chiarire tutto”.
E ha concluso con un messaggio forte, rivolto alla sua coalizione e agli elettori: “Altri presidenti di Regione sono stati indagati e politicamente distrutti. Io non lo consentirò a me stesso. Chiederò agli elettori calabresi un giudizio su di me ricandidandomi”.