La cipolla rossa di Tropea
La cipolla rossa di Tropea

In Calabria non si piange per la cipolla: si canta. Perché la cipolla, da queste parti, è molto più di un ortaggio. È simbolo, identità, materia viva che racconta la terra da cui nasce. E che sia rossa o bianca, poco importa: la cipolla calabrese mette tutti d’accordo, dalla costa tirrenica alla Sila, dalla cucina contadina alle tavole più raffinate.

La più celebre: la Rossa

La più celebre, ovviamente, è lei: la Cipolla Rossa di Tropea Calabria IGP. Dolce, croccante, profumata, capace di resistere al coltello e all’alito. Un ortaggio che ha fatto della sua morbidezza una forza internazionale. Cresce su un lembo di costa che guarda il Tirreno con occhi di zolla e sale marino, tra Capo Vaticano, Ricadi e Parghelia, dove il terreno sabbioso e il microclima costiero le donano un sapore unico, meno pungente, quasi sensuale. Si mangia cruda nelle insalate, nelle focacce, nel tonno ‘alla tropeana’, ma è nella marmellata che rivela il suo lato più seducente: un contrasto agrodolce che conquista anche i palati più scettici. Ed è proprio la sua dolcezza a renderla inconfondibile: non fa lacrimare quando si taglia, ed è forse questo il suo vero superpotere.

La sorella Bianca

E poi c’è l’altra sorella, meno mediatica ma non meno nobile: la cipolla bianca di Castrovillari, regina delle campagne del Pollino. È più sapida, più aromatica, con un gusto deciso che non ha paura di farsi sentire. La chiamano “a cipudda i casa” perché da sempre cresce nei piccoli orti familiari, raccolta a mano, intrecciata in lunghe collane e conservata all’ombra, in attesa dell’inverno. Perfetta per il soffritto, imprescindibile nei piatti della tradizione come le lagane con ceci o il baccalà in umido. Ma è anche una cipolla da festa: fritta, stufata, caramellata, accompagna le carni con vigore e dignità. Oggi questo ecotipo è coltivato da circa venti “produttori custodi” su piccoli appezzamenti nella valle del Coscile e nella piana di Sibari, secondo pratiche agricole a basso impatto ambientale. Le sementi sono tradizionali, tramandate da generazioni, e il legame con il territorio è così forte che nel 2021 è arrivato anche un riconoscimento ufficiale: la Denominazione Comunale d’Origine (De.Co.), concessa dal Comune di Castrovillari con il supporto dell’Arsac. Un passo importante per un prodotto che un tempo era protagonista di fiere popolari e scambi locali, come la storica Fiera delle Cipolle di Terranova da Sibari. Oggi la sua riscoperta si accompagna a eventi, festival, progetti educativi, e all’impegno di chi, come l’assessore regionale all’agricoltura Gianluca Gallo, la promuove come simbolo di biodiversità e orgoglio agricolo calabrese.

Due cipolle, due mondi

Due cipolle, due mondi. Ma un solo cuore: quello della Calabria che resiste, che lavora, che conserva e innova. Oggi queste varietà tornano protagoniste anche in cucina gourmet, in gelaterie coraggiose, in hamburger d’autore, in birre artigianali dal tocco inaspettato. Perché la cipolla calabrese è un ingrediente identitario, capace di portare la memoria sulle labbra, con un morso che sa di casa. E se ancora pensate che sia solo un ingrediente da tagliare col fazzoletto in mano, vi sbagliate di grosso: qui si affetta con orgoglio, e il pianto – se c’è – è solo di commozione.