Gusto Ribelle: Asparagi, Il gusto selvatico della Calabria
Amaro, pungente, sottile ma capace di esplodere nel palato

In cucina, ci sono sapori che sanno di terra, di mani sporche di zolla, di primavera che scoppia improvvisa in mezzo al silenzio dell'inverno. L’asparago selvatico calabrese è uno di questi. Amaro, pungente, sottile, quasi timido all’aspetto, ma capace di esplodere al palato con una potenza aromatica che nessun coltivato potrà mai imitare. È uno di quegli ingredienti che non si comprano, si cercano. Con le gambe, con gli occhi, con la memoria. Perché per trovarli bisogna saperli riconoscere, ma soprattutto rispettare.
L'asparago che spunta nelle radure
Gli asparagi selvatici della Calabria – Asparagus acutifolius – non si seminano, non si coltivano, non si programmano. Spuntano da marzo nelle radure, ai margini dei boschi, tra gli uliveti e le colline incolte, laddove la natura fa da sola. Hanno steli sottili e nervosi, un colore verde scuro tendente al bruno, e foglie aghiformi che li difendono con piccole spine. Il loro sapore è intenso, erbaceo, leggermente tannico, e rivela tutto il carattere delle terre calabresi: aspro ma elegante, selvatico ma armonico, forte ma equilibrato.
Fra rito e passione
In passato, la raccolta degli asparagi era un rito contadino, fatto di passeggiate mattutine e cesti di vimini. Oggi è una passione che resiste, soprattutto nelle aree del Pollino, della Locride e della provincia di Vibo Valentia, dove si tramandano le zone buone e le tecniche per spezzarli alla base senza danneggiare la pianta. Il gesto è secco, preciso: si prende il turione tra le dita, si piega, e dove si spezza – lì è buono. Più su è tenero, più giù è legnoso. Non si strappa mai dal terreno, perché ogni pianta può dare più getti nella stessa stagione, se rispettata.
Ma non è solo tradizione: è anche scienza. Diversi studi – tra cui una recente ricerca pubblicata su Food Research International – hanno dimostrato che l’Asparagus acutifolius ha una composizione chimica particolarmente ricca di antiossidanti naturali, saponine steroidee, acido ferulico e flavonoidi. Ha proprietà depurative e diuretiche, contiene fibre e potassio, ed è tra gli ortaggi più resistenti alla perdita di nutrienti in cottura. Più selvatico, più sano.
Il piccolo re della cucina
In cucina, l’asparago selvatico calabrese è un piccolo re. Non ha bisogno di troppi orpelli. Basta una padella calda, un filo d’olio buono, uno spicchio d’aglio e magari un uovo per farne una frittata da manuale. Ma può anche diventare protagonista di risotti decisi, primi piatti con salsiccia fresca, torte rustiche dal profumo antico. Nelle zone costiere viene spesso abbinato ai crostacei o ai formaggi molli, mentre nell’entroterra lo si conserva sott’olio con finocchietto e peperoncino. La sua nota amarognola regala profondità a ogni piatto e dialoga perfettamente con i sapori forti della cucina calabrese.
Un'eccellenza spontanea
Oggi, l’asparago selvatico della Calabria è inserito nell’elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali (Pat) della Regione, ed è considerato un’eccellenza spontanea, un patrimonio da tutelare. Non è coltivato, e proprio per questo è raro, prezioso, stagionale. Chi lo conosce lo aspetta come si aspetta una fioritura: sa che dura poco e va colto al momento giusto. Perché se il germoglio cresce troppo, si indurisce. Se si aspetta troppo, la stagione finisce. E la Calabria, ancora una volta, insegna che il gusto è anche una questione di tempo.
Selvatico, sincero, ruvido e profondo. L’asparago calabrese non si fa desiderare: si fa trovare, e quando arriva – meglio tenergli il posto a tavola.