Nino Imerti
Nino Imerti

La 'ndrina Imerti, originaria di Villa San Giovanni, emerge come una delle più influenti cosche della ‘ndrangheta reggina. È proprio il matrimonio tra Antonio Imerti, noto come “Nano Feroce”, e Giuseppina Condello, appartenente alla potente famiglia Condello, a siglare una stretta alleanza con quest’ultima. Questo sodalizio scardina gli equilibri consolidati e accende una faida che avrebbe scosso l’intero sistema criminale calabrese.

Scoppia la seconda guerra di ‘ndrangheta

L’11 ottobre 1985 il fragile equilibrio viene spezzato quando Antonio Imerti sopravvive a un attentato dinamitardo che provoca la morte delle sue guardie del corpo. Solo due giorni dopo la vendetta è spietata: il clan risponde con l’eliminazione di Paolo De Stefano, simbolo di una resa dei conti destinata a innescare la sanguinosa seconda guerra di ‘ndrangheta. Il conflitto vede fronteggiarsi due blocchi: da un lato gli Imerti, alleati con Condello, Rosmini, Serraino; dall’altro la famiglia De Stefano coadiuvata da Libri, Latella e Tegano. Il bilancio di sei anni di guerra è drammatico: quasi settecento vittime.

Latitanza, arresto e dominio sul territorio

Antonio Imerti rimane latitante dopo un altro attentato subito nel 1986. È arrestato solo nel 1993 insieme al cognato Condello, dopo anni passati a gestire affari e intimidire territori. Ritenuto responsabile di omicidio e associazione mafiosa, viene condannato all’ergastolo, permane solido sul territorio di Villa San Giovanni e Fiumara di Muro.

Il clan oggi e il sodalizio criminale

Nonostante i colpi giudiziari, il clan Imerti conserva una struttura solida, basata su legami familiari. Le sue alleanze – con i Condello, Rosmini, Serraino – gli hanno permesso di mantenere peso criminale nel Reggino, in uno scenario congiunto con altre cosche storiche e proiezioni negli affari illeciti locali e trans-regionali.

Un ruolo intrecciato alla storia della ‘ndrangheta

La storia dei clan Imerti è parte integrante della complessa vicenda della ‘ndrangheta calabrese. Hanno contribuito a plasmare gli assetti mafiosi nel Reggino, hanno incarnato la violenza della seconda guerra interna e hanno dimostrato quanto la malavita sia capace di rigenerarsi, alleandosi, sopravvivendo e continuando ad esercitare potere territoriale anche dopo operazioni di rottura.